PHOTO CREDIT · Sutton
Professione fotografo… in Formula 1: cinque domande a Mark Sutton
sabato 16 luglio 2011 · Esclusive
tempo di lettura: 4 minuti
Un nome, una garanzia: Sutton è “l’agenzia fotografica indipendente più grande al mondo”. Nasce nel 1985: la fondano i fratelli Mark e Keith. Fornisce materiale a riviste, quotidiani e siti web in tutto il mondo ed è la fonte esclusiva di immagini per GPWeek, il magazine gratuito edito online in collaborazione con l’agenzia Chris Lambden.
F1WEB: Da quando ha cominciato a lavorare in Formula 1, com’è cambiato l’approccio dei media?
Mark Sutton: Ho cominciato nel 1985 quando i costi erano abbastanza limitati e principalmente si lavorava in bianco e nero. Le pellicole venivano processate in una camera di riserva usando una piccola bacinella per lo sviluppo, quindi spedivamo le stampe in giro per il mondo sperando che venissero usate. Ci appoggiavamo a un’agenzia sportiva locale di Northampton, la Bob Thomas Sports Photography: era grande e ci ha insegnato tanto. Si occupavano delle pellicole a un prezzo ottimo e noi in cambio cedevamo il materiale su motorsport e Formula 1 perché lo vendessero.
Nel 1987 abbiamo aperto il nostro primo sito web: con le scansioni in alta risoluzione abbiamo iniziato a offrire le immagini online. Nel 2000 abbiamo cominciato a usare una fotocamera digitale, una Canon D2000 da 4.5 MB appena, che però erano abbastanza per il web e per una produzione ridotta su riviste e giornali. Quindi riuscivamo a offrire entrambi i servizi. Poi la qualità delle fotocamere è migliorata e siamo passati integralmente al digitale nel 2004. Il nostro business principale adesso è la vendita attraverso il web: i clienti accedono con una password, cercano le immagini che vogliono in alta risoluzione per le riviste, per i giornali, per i libri o per i loro siti.
F1WEB: Un week-end di gara comincia il giovedì e finisce domenica sera. Qual è il momento migliore per scattare una foto?
MS: Penso che la gara sia il momento migliore. Tutti i fotografi si eccitano terribilmente alla partenza perché aspettano un episodio o un incidente e vogliono catturare tutta la sequenza. Poi c’è l’azione in corsa, quindi i festeggiamenti del parco chiuso e del podio. In queste situazioni non sai esattamente quello che può succedere: è questione di essere al posto giusto al momento giusto, con la lente giusta e la velocità adeguata dell’otturatore.
F1WEB: Quante foto avrà scattato finora in carriera?
MS: Direi oltre un milione e probabilmente quasi due adesso che con il digitale scattiamo più foto perché è più facile e non bisogna cambiare le pellicole ogni 36 scatti. Nel nostro archivio abbiamo più di 4 milioni di immagini tra quelle in bianco e nero, quelle a colori e quelle in digitale. In questo momento, online ce ne sono 715 mila in alta risoluzione, ma è un numero che cresce sempre: ogni week-end di gara ne carichiamo circa 2000.
F1WEB: Si è mai perso una foto che avrebbe voluto scattare?
Sì, qualche volta. Prima succedeva quando si cambiavano i rullini o le lenti. Oppure succede quando uno si sta spostando da una curva all’altra. Adesso però con 4 fotografi a ogni corsa è importante certe volte stare alla prima curva. Come in Ungheria l’anno scorso quando Barrichello e Schumacher sono quasi arrivati in collisione. Era a 3 giri dalla fine e normalmente in quel momento io aspetto l’arrivo. Certe volte si reagisce d’istinto e si prende un rischio che paga. Sapevo di avere l’immagine del week-end e un’ottima storia da raccontare sui media.
F1WEB: Qual è la foto che ama di più?
MS: Penso quella del “Finlandese volante” come l’ha chiamata Mika Hakkinen. L’ho scattata ad Adelaide nel 1993. Stavo con altri fotografi a scattare in modalità panning di fianco alle macchine che arrivavano sul cordolo. Ho sentito una frenata di qualcuno che entrava in curva, ho puntato la macchina fotografica nella direzione giusta senza cambiare niente. La McLaren si è lanciata sul cordolo, io ho scattato solo tre immagini. Mi sono guardato con gli altri fotografi e sono rimasto calmo perché non ero sicuro di avercela fatta. La pellicola è stata sviluppata nella notte. La mattina dopo l’abbiamo guardata. Ho detto: “Oh Dio mio”. Tutti gli altri sono venuti a guardare: avevo bloccato il salto nel punto di altezza massima. Erano sconvolti tutti.
Il laboratorio fotografico fece immediatamente delle copie. Ne portai una a Mika per l’autografo. Gli ingegneri mi dissero che avevano trovato un picco nella telemetria. Il motivo era quello! Poi la macchina era tornata ai box senza problemi. Mika sulla foto mi scrisse: “Il finlandese volante”. Da allora si fa chiamare così.