Kubica, il paddock si spacca: “Che pazzia quel rally”. Briatore: “Destino”

martedì 8 febbraio 2011 · Fuori tema
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Ha mosso le dita della mano, ha parlato coi genitori, si è fatto spiegare quello che gli è capitato e quello che dovrà ancora passare. Robert Kubica nei prossimi giorni avrà bisogno di un altro intervento, stavolta a spalla e gomito dopo la ricostruzione della mano a seguito dell’incidente al rally di Andora. “La cosa più importante – ha detto Alonso che l’ha incontrato – è che non sia in pericolo di vita, per tutto il resto c’è tempo”.

L’ha trovato in buone condizioni anche Flavio Briatore: “Mi ha chiesto della famiglia e abbiamo anche scambiato qualche battuta scherzosa. Considerate le sue doti di recupero e la sua prestanza atletica, in cinque o sei mesi scommetto che riuscirà a rimettersi“.

Intanto il paddock si è spaccato perché il dramma di Kubica riaccende il dibattito sulle passioni pericolose di chi corre in Formula 1. Martin Brundle, ex pilota e da quest’anno primo commentatore per la BBC, su Twitter scrive: “Che pazzia avergli lasciato correre quel rally”.

Briatore, che di Kubica fu manager ai tempi del programma giovani della Renault, sta dall’altra parte della barricata: “Questo tipo di eventi drammatici si possono verificare nei contesti più svariati, non solo in pista e non solo in ambienti agonistici, è un rischio che c’è sempre, è il destino. Come è stato il destino per esempio per Nannini”, che nel 1990 fu sbalzato dall’elicottero per incidente in fase di atterraggio e ci rimise il braccio destro.

Kubica nei rally si era già cimentato in parallelo all’impegno in Formula 1. Eric Boullier oggi spiega: “Glielo abbiamo permesso perché è una cosa che gli sta a cuore. Per lui i rally sono vitali, servono per il suo equilibrio. Non vogliamo un robot”.

Juan Manuel Fangio una volta disse: “Nel mondo ci sono quelli che non vogliono grane. E poi ci sono gli avventurieri. Noi, i piloti, siamo degli avventurieri. Più una cosa è difficile, più attenzione ci porta”.

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