Zanardi e gli altri: chi sono i piloti di Formula 1 che hanno partecipato anche alle Olimpiadi?

sabato 3 agosto 2024 · Fuori tema
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L’automobilismo non è una disciplina olimpica, ma Jacques Rogge, ex presidente del CIO, nel 2012 diceva: “Per i piloti ho molto rispetto. Sono coraggiosi, si preparano duramente e hanno anche la predisposizione a pensare in modo strategico”. Tant’è che otto di loro sono anche stati ai Giochi Olimpici: dal principe Bira del Siam ad Alex Zanardi, otto storie che meritano di essere raccontate.

B Bira, o anche semplicemente Bira, il principe del Siam. Si avvicina alle corse a 19 anni, nel periodo di studi in Inghilterra, perché si prende una cotta per Kay Petre che all’epoca è una star in Europa: “Andai a vedere una gara a Brooklands e c’era questa bella ragazza, un pilota straordinario. Dovevo avvicinarla, venni introdotto nel gioco”. Scoprendo che Kay fosse già sposata. A ogni modo, nel 1950 a Silverstone il giorno del Gran Premio inaugurale di Formula 1 lui c’è, da privato, per la squadra di Enrico Plate, con la Maserati personale. Quando smette di gareggiare si fa un nome nella vela partecipando a quattro Olimpiadi, il miglior risultato è un dodicesimo posto a Melbourne nel 1956.

Alfonso Portago. Altro personaggio di sangue blu, arriva alle competizioni motoristiche per mezzo di Luigi Chinetti nel 1953, è secondo a Silverstone sulla Ferrari divisa con Collins nel 1956, lo stesso anno in cui prende parte anche alle Olimpiadi invernali a Cortina d’Ampezzo, dove gareggia nel bob a due, piazzandosi al quarto posto. Perisce con Edmund Nelson e nove spettatori alla Mille Miglia del 1957, l’ultima.

Roberto Mieres. Per i successi conseguiti nelle corse in Argentina, viene spedito in Europa con Fangio e Gonzalez. La carriera in auto non decolla, ma lui è eclettico, si cimenta in canottaggio, rugby, tennis e vela, nella quale rappresenta la nazione a Roma nel 1960, piazzandosi diciassettesimo e comunque meglio di Bira.

Divina Galica. Disputa le qualifiche di Brands Hatch nel 1976, non entra in griglia per due secondi e mezzo, ma è già un personaggio, se non altro per averci provato in uno sport dove il pregiudizio maschile è logorante… ma anche perché sfida la superstizione britannica e s’iscrive col numero 13 come farà solo Maldonado dopo di lei. Viene dallo sci, è già stata alle Olimpiadi a Innsbruck nel 1964, Grenoble nel 1968 e Sapporo nel 1972, si rifà viva ad Albertville nel 1992 per un’esibizione.

Robin Widdows. Una sola partenza in Formula 1, su una Cooper a Brands Hatch nel 1968, dove nemmeno vede il traguardo. Partecipa per il Regno Unito alle Olimpiadi invernali nel bob a quattro nel 1964 e nel 1968, finendo rispettivamente tredicesimo e ottavo.

Bob Said. Praticamente un clone di Widdows, ma di passaporto statunitense: una sola gara in Formula 1 nel ’59 nella quale non arriva alla fine, poi alle Olimpiadi invernali nel 1968 e nel 1972, pure lui nel bob a quattro e pure lui senza medaglie, mai oltre il decimo posto.

Ben Pon. Una gara, un incidente, a Zandvoort nel 1962. Dieci anni dopo, è alle Olimpiadi di Monaco di Baviera nel tiro skeet, dove si piazza trentunesimo, prima di abbandonare ogni sport per dedicarsi alla produzione di vino in California.

Alex Zanardi. L’unico ex della Formula 1 a vincere anche medaglie olimpiche, un’icona del coraggio umano dopo la tragedia del 2001 al Lausitzring in Formula Cart, a seguito della quale perde le gambe. Nel paraciclismo conquista quattro medaglie d’oro in varie prove ai Giochi paralimpici, fra Londra 2012 e Rio 2016, prima di un altro gravissimo incidente a Pienza nel 2020 durante una staffetta di beneficenza in handbike.

E infine. Stava per farcela anche Jackie Stewart che prima ancora di entrare in Formula 1 avrebbe dovuto gareggiare a Roma nel 1960 nel tiro a volo: invece, presenzia solo come riserva, sebbene abbia validissimi pregressi vincenti. Alla fine, sceglie di concentrarsi sui motori. E non sceglie male…

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Stewart, Zanardi,