Formalismi e pretesti: così la Formula 1 ha davvero respinto la proposta di Andretti
mercoledì 31 gennaio 2024 · Politica
tempo di lettura: 2 minuti
È finita com’era previsto che finisse, la Fom – che amministra la Formula 1 e ne detiene i diritti commerciali – respinge la squadra di Andretti sebbene questa avesse superato il processo di valutazione del business plan da parte della Fia: “Devastato, non trovo parole diverse”, scrive Mario Andretti su X. La società, più formalmente, affida la replica a una nota ufficiale: “Abbiamo letto, non siamo per niente d’accordo”.
Che ci fosse da saltare un fosso non irrilevante era già in conto: “Prendiamo atto delle conclusioni della Fia – l’avvertimento della Fom, a ottobre – e faremo le nostre valutazioni”. Che oggi vengono notificate attraverso un documento pubblico di venti paragrafi che smontano la proposta punto su punto.
Sostanzialmente, viene sollevata la questione sull’apporto di valore: “L’undicesimo team deve gareggiare per podi e vittorie”. Come Haas, Sauber, Williams, evidentemente. E portare “un potenziale beneficio in termini di coinvolgimento dei fan”. Come Visa Cash App RB, con un nome che non vuol dire nulla.
L’altro aspetto rilevante è prettamente tecnico, la Fom sostiene che Andretti non sia attrezzata per due progetti tanto diversi a distanza tanto ravvicinata, l’auto del 2025 secondo le regole attuali e l’auto del 2026 – più corta, più stretta e più leggera – secondo le regole nuove. Anche perché l’accordo con Cadillac per i motori parte dal 2028 e fino a quella data Andretti deve avvalersi di un fornitore terzo, che “difficilmente – sempre la Fom – estenderà la collaborazione oltre il minimo”, dovuto da regolamento, “rischiando la proprietà intellettuale”.
Per cui, almeno fino al 2028 non c’è verso che le porte si aprano. Del resto, Stefano Domenicali più volte ha ribadito che la Formula 1 va già bene così com’è. E in effetti la sua posizione riflette quella delle squadre, che proteggono la torta dei diritti commerciali nel momento storico di massima salute della categoria. Di qui una serie di ragioni pretestuose e contraddittorie che adesso fissano un precedente.