La notte più folle
venerdì 13 marzo 2020 · Politica
tempo di lettura: 3 minuti
Non è immune nemmeno la Formula 1 e non c’era motivo di pensare che lo fosse. Arrivano alle 23, ora di Melbourne, i risultati dei tamponi sugli uomini che presentavano sintomi sospetti: c’è un caso di positività al coronavirus, è il meccanico della McLaren. È lo snodo cruciale che cambia tutto lo scenario, innesca una reazione a catena e impone ripensamenti sulla gara che alla vigilia nessuno s’è sognato di sospendere.
La McLaren ci mette pochi minuti a diramare il comunicato di rinuncia: “A tutela di tutti, non solo dei nostri dipendenti”. In 14 vanno immediatamente in quarantena, le altre squadre si organizzano per un meeting d’urgenza in hotel, arriva Chase Carey, tra l’altro di rientro dalla tavola rotonda in Vietnam sul destino della gara di Hanoi.
Il fronte non è compatto: Red Bull, Alpha Tauri e Racing Point vogliono correre. Su quali basi, non è chiaro. Gli altri hanno dietro le spalle i big dell’automobile: più l’immagine che l’etica, cominciano a pesarla.
Latita la Fia. Il bisbiglio di un portavoce: “Non sta a noi decidere”. Jean Todt nel frattempo twitta dal meeting coi leader aziendali a Valenciennes, con tanto di foto di gruppo in barba a tutte le misure di precauzione e tutela che Macron in quei minuti sta ribadendo a reti unificate alla Francia mentre annuncia blocchi e restrizioni sul modello dell’Italia.
Fa giorno a Melbourne, parla il premier dello stato di Vittoria: “Se una gara si farà, sarà a porte chiuse”. Perché nel frattempo la questione dello stop è salita di livello, un braccio di ferro fra l’organizzatore e Liberty: chi tira il freno, paga la penale all’altro.
Intanto i meccanici arrivano ai cancelli, le serrande dei garage si alzano, i tifosi vengono bloccati sotto le tribune, le auto storiche si preparano alla parata e non c’è uno straccio di comunicato ufficiale. È il delirio, alimenta il tam tam incontrollato che racconta di ostruzioni e patti trasversali, di Vettel e Raikkonen che sono già in volo per rientrare in Europa, di Leclerc che sta per farlo.
Mercedes si espone, firma una nota e fa sapere di avere richiesto per vie ufficiali la cancellazione e comincia a fare i bagagli.
A meno di due ore dal semaforo verde delle prove libere, il dado è tratto: non si corre, Gran Premio annullato e non sospeso come invece quello a Shanghai, per “decisione congiunta della Fia, della Formula 1 e delle autorità”. Soprattutto, con il sostegno “della maggioranza delle squadre”, a conferma che qualcuno comunque il passo indietro non l’ha fatto.
Perdono la Fia e la Formula 1 nell’immobilismo ad oltranza, perdono le squadre che solo quand’è tardi prendono posizione, e comunque non tutte. L’aspetto ridicolo è che l’epilogo di questo a viaggio a vuoto rappresenta quanto il buonsenso anticipava per salvaguardare l’Australia e chi ormai s’è mosso da una parte all’altra del mondo, per lavoro appresso al circo dei motori.