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Max Mosley (ri)racconta la spy-story: “La McLaren andava espulsa”
lunedì 28 dicembre 2009 · Amarcord
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Sono passati due anni dalla spy-story, è finito il periodo di interdizione formale a carico di Stepney e lui non si è fatto vedere, non c’è traccia nemmeno di Coughlan che gli faceva da compare sulla sponda di Woking, ha chiesto scusa Dennis, è entrato nella storia Gary Monteith, quello della copisteria di Londra dove la signora Coughlan andava a farsi fotocopiare i progetti della Ferrari F2007.
La Formula 1 ha voltato pagina, ma Max Mosley qualcosa da dire ce l’aveva ancora. E così il 13 dicembre scorso ha scritto al Times. Un amarcord curioso che ripercorre le tappe della spy-story, svela i retroscena della sentenza del Consiglio Mondiale e ribadisce che per sei mesi la dirigenza McLaren si è mossa in completa malafede.
Convocammo la McLaren di fronte al Consiglio Mondiale. Per quanto nessuno credesse alla squadra, li dovemmo assolvere. Prove concrete dell’utilizzo dei dati della Ferrari non ne avevamo. Per cui la McLaren avrebbe vinto in appello.
Alla Ferrari erano comprensibilmente furiosi. Ho avuto anche una lunga telefonata con Sergio Marchionne, l’amministratore delegato della FIAT, che è qualcuno da prendere sul serio. Potevo solo dire che senza prove non eravamo in grado di condannare, malgrado li ritenessimo colpevoli.
In estate la FIA convince Fernando Alonso a collaborare. Alonso non se lo fa chiedere due volte, anche perché ha il dente avvelenato col team. La FIA recupera prove scottanti, ciò che serve per condannare la McLaren. A quel punto il Consiglio Mondiale deve solamente decidere le sanzioni. E non è facile.
La penalità più appropriata sarebbe stata escluderli dal campionato. Ma senza guadagni per 18 mesi e con più di 1000 dipendenti, la situazione sarebbe stata terribile. Io ero per l’espulsione. Però ero in minoranza e il Consiglio votò per una grossa multa, 100 milioni di dollari.
La McLaren non presenta appello. Secondo Mosley perché capisce di essersela cavata a buon mercato e soprattutto perché poi vengono alla luce anche le prove che dimostrano come effettivamente il team stia già impiegando i dati della Ferrari pure per la macchina del 2008.
Parlarono di caccia alle streghe (qui il riferimento è alle dichiarazioni che Martin Brundle rilasciò a Monza, ndr). Poi la finirono quando venne fuori tutta la mole di email e quando la McLaren confessò e si scusò.
Personalmente, con la spy-story e le sue conseguenze è cominciata per me una nuova era. In giro si è detto che fossi aggressivo, provocatorio e perfino prepotente. E così, più di un anno dopo, quando la Formula 1 si è trovata ad affrontare un vero problema, io non ero più nella posizione giusta per gestirlo.
È la questione della riforma dei regolamenti tecnici, che si intreccia con lo scandalo sessuale che coinvolge Mosley a maggio. Ma è – come si dice – un’altra storia.