Toyota: top e flop dal 2002 al 2009, la cronologia di otto anni senza gloria
domenica 8 novembre 2009 · Amarcord
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Finisce con le lacrime, e sono lacrime vere di Tadashi Yamashina, nella conferenza stampa di addio. Il motto invece era: “One aim”, cioè “un obiettivo solo”, il mondiale che la Toyota non ha mai vinto e nemmeno avvicinato in 8 anni di Formula 1, fra macchine fallite e gestioni sbagliate che hanno pesato sul budget e sul morale. Gli aspetti su cui una volta la Toyota non era seconda a nessuno.
È l’11 ottobre del 1999 quando il vertice di Tokyo annuncia il debutto: “Costruiremo telaio e motore. Da soli”. La Toyota si iscrive al Mondiale 2001 e non corre neanche un Gran Premio, pagando una penale da salasso soltanto per avere l’autorizzazione ai test privati sulle piste del calendario, con una macchina che mediamente va 4 secondi più lenta della più lenta Formula 1 dell’epoca.
I boss già si agitano: cacciano Andre de Cortanze dalla direzione tecnica e prendono Gustav Brunner dalla Minardi. A dicembre del 2001 svelano la TF102 alla base di Colonia, l’affidano a Mika Salo e Allan McNish che per un anno intero hanno fatto test su test in giro per il mondo. Alla presentazione c’è anche Bernie Ecclestone, in prima fila.
Il 4 marzo 2002 si parte: Melbourne, otto auto fuori alla prima curva, dove Salo fa lo slalom in mezzo agli incidenti e prende un punto. Si ripete un mese dopo in Brasile. Non c’è altro, allora lui e McNish perdono il posto: per il 2003 arrivano Olivier Panis dalla B.A.R e Cristiano da Matta dalla Champ Car americana, fanno 16 punti e si guadagnano la riconferma per il 2004.
Poi da Matta perde la bussola, a metà stagione la squadra lo rispedisce in Brasile. La soluzione temporanea è Ricardo Zonta, in attesa che dalla Renault arrivi Jarno Trulli. Che è raccomandato da Mike Gascoyne, nuovo direttore tecnico e nuova àncora, pure lui fuori dalla Renault, pure lui in contrasto con Briatore, esattamente come Trulli.
Il miglioramento è marginale. Ma il merito non è tutto della squadra, perché la Toyota viene trovata in possesso di un progetto della Ferrari del 2003: è spionaggio industriale, non così grave come quello di Stepney nel 2007, ma due ingegneri ex Maranello vanno in cella comunque.
È già il 2005 e la Toyota non ha nemmeno un trofeo. Però ha soldi per permettersi un nome di lusso, o quello che ne resta: Ralf Schumacher, che prende il triplo dello stipendio di Trulli e fa solamente due punti in più. Ma nel complesso è la migliore stagione dal debutto, perché la Toyota arriva quarta in campionato.
Dura pochissimo: nel 2006 se ne va Gascoyne, se ne va la Michelin, se ne va anche un po’ di entusiasmo. I punti da 88 diventano 30. E allora a Tokyo si fanno conti e domande. Arrivano i primi tagli, il vertice del team passa da Tomita a Yamashina, la direzione tecnica va a Pascal Vasselon che baratta i motori con la scatola del cambio della Williams.
Trascorre un altro anno, finisce il tempo delle presentazioni stellari da milioni di dollari, finisce pure il tempo di Ralf Schumacher che chiedeva troppo. Subentra Timo Glock che chiede molto meno.
Il 2008 è l’anno dell’ultima chiamata, Yamashina si guadagna una proroga perché punta tutto sul 2009. Il problema è che intanto scoppia la crisi economica e la Formula 1 non fa più business. In tutto sono 13 podi, 3 pole, 3 giri veloci e nessuna vittoria. Restano i rimpianti, anzi le lacrime.