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Gran Premio degli Stati Uniti 2013, gara

domenica 17 novembre 2013 · Roundup
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Si chiama stato di grazia: è quello che fa cadere tutti i tabù e tutti i record. Lo sta attraversando Vettel dal 25 agosto, dal giorno in cui ha vinto a Spa e nessuno l’ha più buttato giù dal vertice. Se giocasse a calcio infilerebbe il pallone dentro la porta solamente a sfiorarlo. Con la vittoria di Austin adesso è l’unico che abbia mai vinto otto gare di seguito. E tutte nello stesso campionato.

L’altra corsa. L’obiettivo degli altri non è più la vittoria: è uscire meno malconci possibile dal confronto con il ritmo delle Red Bull. Sotto quest’aspetto Grosjean porta a casa una specie di successo perché arriva a 6 secondi da Vettel, 2 davanti a Webber che stecca un’altra volta la partenza e da metà gara in poi combatte con le vibrazioni dei freni.

La piazza d’onore. Con il quinto posto di Austin e con Raikkonen in ospedale per l’intervento alla schiena, il titolo di vicecampione 2013 è di Alonso, malgrado Hamilton giunga quarto. Matador si cuoce Hulkenberg a puntino nel sorpasso alla prima curva, poi nel finale si fa raggiungere, ma gli resiste con perizia consumata. Per come era partito il week-end, la Ferrari ringrazia tutti i santi del Texas.

La minaccia. Non succede molto a parte lo schianto di Sutil alla partenza: sorpassi pochini, strategie tutte uguali a sosta unica con partenza sulle medie e secondo stint sulle hard. Pirelli avverte: “Se le squadre non ci dicono cosa fare con le gomme, le corse saranno tutte così”.

Bau! Uno dei cani delle unità cinofile ha fiutato qualcosa di sospetto alla prima curva nel giro di perlustrazione che la polizia di Austin ha effettuato all’alba. L’allarme è rientrato, ma i cancelli dell’autodromo sono stati aperti un’ora più tardi.

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