Rispetto per Ayrton: la verità delle perizie contro il revisionismo di Newey
giovedì 3 ottobre 2013 · Amarcord
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È brutto il revisionismo storico, la slealtà ideologica di Adrian Newey sull’incidente che ha ucciso Ayrton Senna. Da un lato dice: “Mi ossessiona ancora oggi”. Dall’altro lo racconta a modo suo: “Nessuno saprà se fu un errore del pilota o il cedimento della colonna dello sterzo. Le telecamere mostrano qualcosa che è incompatibile con la rottura del piantone. La vettura ha avuto sovrasterzo”.
Non è coerente con se stesso che nel 2011 in un’altra intervista sosteneva spavaldamente che la causa fosse una foratura. Soprattutto, non è coerente con la realtà dei fatti. Per cui, a beneficio della storia – ma pure a beneficio dei media, quelli grossi e quelli da quattro soldi, che le parole di Newey le riportano senza contraddittorio – la nebbia va diradata.
La macchina che corre a Imola nel 1994 è rivista in tanti dettagli: ala anteriore, bandelle laterali, profilo del musetto. È diverso pure il passo. Ma l’elemento che diventa fondamentale nel processo è il piantone dello sterzo, che la Williams fa modificare su espressa richiesta di Ayrton.
I periti dell’Università di Bologna scrivono che Senna, un attimo prima dell’impatto, “nel tentativo di correggere lo scarto della vettura, si rende conto che il volante non ha un comportamento normale”. In quel momento “il piantone dello sterzo – recita la perizia – si sta rompendo per flessione, nel punto di attacco al telaio, a causa degli sforzi dovuti ai dossi ed esaltati dalle braccia del pilota”. La parte più pesante è la conclusione: “La causa dell’incidente è dovuta alla rottura di un pezzo di modifica, di ridotto diametro, aggiunto al piantone originale per abbassare il volante nel rispetto delle misure regolamentari d’ingombro”.
Nelle foto dei soccorsi si nota che il volante è poggiato di fianco al relitto della macchina, ancora agganciato al primo segmento della colonna dello sterzo, mentre invece normalmente bisogna staccarlo per sgusciare fuori dall’abitacolo.
La Williams in aula non riesce mai a provare che la rottura del piantone sia l’effetto dello schianto del Tamburello piuttosto che la causa. Nel frattempo il dibattimento si avvelena perché spariscono i fotogrammi del camera-car di Ayrton, la centralina del motore viene ripulita mentra quella dell’auto non è leggibile per via delle lesioni che secondo gli esperti non sono compatibili con l’incidente.
Nel 2007, quando la Cassazione chiude il processo, la sentenza conferma che lo schianto è la conseguenze di “erronee modifiche” per le quali viene condannato Patrick Head; il reato comunque è estinto in prescrizione. Michele Alboreto all’apertura del processo aveva detto: “Bisogna difendere la memoria di un uomo, un grande pilota che non c’è più”. Bisogna difenderla ancora vent’anni dopo.