Lo sport dopo il caso Armstrong. E la Formula 1 com’è messa col doping?
sabato 19 gennaio 2013 · Fuori tema
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È stata registrata lunedì in un albergo di Austin, è andata in onda giovedì sul canale Own l’intervista di Oprah Winfrey a Lance Armstrong. Epo, trasfusioni, testosterone, ormone della crescita: confessa tutto le roi américain che per sette volte consecutive ha vinto il Tour de France dal 1999 al 2005.
Nel rapporto dell’Usada, l’Agenzia statunitense per l’antidoping, Armstrong è un professionista dell’assunzione di stimolanti che si è mosso “con l’aiuto di un piccolo esercito”, medici e uomini della squadra, ma pure narcotrafficanti. Un’organizzazione spaventosa che secondo l’Usada costituisce “il più sofisticato e professionalizzato programma di doping d’ogni tempo”.
È un caso che agita lo sport pure oltre i confini del ciclismo. Zdenek Zeman, l’allenatore della Roma, dice all’ANSA: “La situazione è questa, anche negli altri sport, specialmente quelli individuali”.
Per esempio, la Formula 1 com’è messa? Benigno Bartoletti, il medico storico del gruppo Fiat, il precursore dei principi dell’alimentazione sportiva, alla fine del 2004 disse a Quattroruote che l’assunzione di cocaina in Formula 1 “potrebbe anche riguardare un pilota su tre”. La Bild in risposta specificò che nel 2004 erano stati condotti 51 test antidoping nel corso del Mondiale: tutti negativi. Ma Edda Graf, la portavoce di Ralf Schumacher, portò l’attenzione su un fatto allarmante: “Qualche mese fa si parlava di tracce di cocaina. Non si è riuscito a risalire a quale pilota appartenessero”.
Da dicembre del 2010, la Federazione adotta per tutti i campionati il protocollo dell’Agenzia mondiale dell’antidoping. A giugno del 2011 ha emesso una nota per ribadire che ogni pilota “è responsabile di qualunque sostanza che immette nel corpo, indipendentemente dal fatto che venga assunta o somministrata intenzionalmente”.
La prima vittima l’ha fatta a maggio nel GT: Tomas Enge, ex della Formula 1 con trascorsi alla Prost, sospeso per 18 mesi dalle competizioni per aver fallito un controllo. Ma era risultato positivo già nel 2002, alla marijuana, ai tempi della Formula 3000. È l’unico del paddock che è incappato nella rete. Però Mark Webber a novembre, alla luce delle prime scosse del caso Armstrong, diceva:
Ho sempre sostenuto l’idea che si debba fare di più, ma la FIA non è mai stata davvero forte sulla questione. È un problema grosso su cui nemmeno gli altri piloti si sono dimostrati forti. Poi lo sapete, quando ci sono di mezzo i soldi, la gente fa certe cose. È estremamente improbabile, però mai dire mai.
Secondo le stime di thejudge13.com, la FIA tra tutti i campionati controlla meno del 2 percento dei piloti. Che sono niente per avere la certezza che il doping non sia già un’operazione di routine. Perché come ha detto Armstrong, nel suo team “assumere sostanze proibite era parte del lavoro, (…) come gonfiare le gomme o mettere l’acqua nelle borracce”. Facile e ordinario.