I Giochi imparano dalla Formula 1. Ma il Gran Premio olimpico resta un miraggio
lunedì 6 agosto 2012 · Politica
tempo di lettura: 2 minuti
A titolo dimostrativo, nell’edizione dei Giochi Olimpici del 1900 a Parigi era inserito anche l’automobilismo. Le cronache però sono così sbiadite che i nomi dei vincitori – e in certi casi anche le marche delle macchine – nel medagliere ufficiale non risultano nemmeno.
È passato oltre un secolo di Olimpiadi dell’era moderna. Senza nessun tentativo di sperimentazione ulteriore. Da gennaio però con un provvedimento provvisorio valido per due anni, la Federazione Internazionale dell’Auto è una di quelle formalmente riconosciute dal Comitato Olimpico Internazionale che in pratica individua negli sport dell’auto la condivisione dei valori rappresentati dalla carta olimpica.
All’atto pratico, non vuol dire niente. Succede anche con altre realtà, dagli scacchi al tiro alla fune, dal motociclismo alla motonautica, che però comunque non fanno parte del programma dei Giochi.
La questione si ripropone ogni quattro anni. È tornata a galla anche a Londra. Jacques Rogge, ex velista, rugbista e chirurgo che dal 2001 ricopre la carica di presidente del CIO, spiega: “Per i piloti ho molto rispetto. Sono coraggiosi, si preparano duramente e hanno anche la predisposizione a pensare in modo strategico”. Per loro però nessuna chance di Giochi Olimpici: “Il nostro concetto è che la competizione riguarda gli atleti, non i loro equipaggiamenti”.
Il CIO comunque osserva la Formula 1. E lo fa per imparare: “Perché – va avanti Rogge – è uno sport che viene organizzato estremamente bene, sia in pista che in senso generale”. Non a caso Rogge a luglio era a Silverstone in occasione del Gran Premio di Gran Bretagna, a spasso nel paddock con Bernie Ecclestone: “Sono andato in sala stampa, in pit-lane e ho trovato tutto predisposto in modo perfetto. Credetemi, noi possiamo imparare tanto da questa organizzazione”.
Ecclestone ad ogni modo oltre a insegnare persiste nel sogno del Gran Premio olimpico. A pitpass.com spiega: “Ne parlammo a lungo io e Juan Antonio Samaranch, quando era lui il presidente del CIO”. Bernie nel 1986 ha portato la Formula 1 oltre la cortina di ferro, nel 2004 l’ha spinta fino in Medio Oriente, nel 2008 l’ha fatta correre a Singapore sotto le luci artificiali, per il 2014 ha già concluso l’accordo con la Russia. Gli restano da varcare soltanto i confini del CIO.