Jaypee: le tasse, i visti che non arrivano e la minaccia degli agricoltori
venerdì 16 settembre 2011 · Politica
tempo di lettura: 2 minuti
La controversia nasce dal fatto che il governo non classifica la Formula 1 come sport: è un intrattenimento. E per giunta il Gran Premio “non rappresenta un evento di importanza nazionale”. Vuol dire che a rigor di legge per correre in India i team andrebbero tassati.
Il totale delle imposte ammonta a 123 mila euro e si calcola in percentuale sul valore del materiale che le squadre chiedono di importare nel Paese. Soldi che le scuderie ovviamente non vogliono pagare. L’esenzione invece il ministero dello sport l’aveva concessa per i Giochi del Commonwealth e per la coppa del mondo di cricket.
A Monza è trapelato che la FOTA si stesse organizzando per boicottare la gara. E Martin Whitmarsh si è lamentato perché da Nuova Delhi non arrivavano rassicurazioni: “Nessuno va in un Paese per farsi penalizzare”.
Alla fine l’organizzazione della corsa ha ottenuto dal governo un accordo di massima per istituire una zona franca e importare senza spese tutto il carico tecnico del circus: praticamente il comitato promotore salda il conto di tasca sua per non toccare le finanze delle squadre.
L’altro aspetto riguarda i visti d’entrata. La burocrazia va a rilento, la FIA lunedì è dovuta intervenire con un comunicato per segnalare gli indirizzi email per accelerare l’emissione delle autorizzazioni.
A margine c’è sempre la protesta degli agricoltori che ad agosto hanno minacciato di smantellare il circuito dopo gli espropri ordinati dal governo. Chiedono “più soldi e più industrie locali per produrre occupazione”. Insomma non è un esordio facile.