CrowdStrike, perché il crash informatico globale del 19 luglio ha toccato anche la Formula 1
venerdì 19 luglio 2024 · Fuori tema
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Nessun attacco informatico, dietro il crash che dalle 6:09 italiane ha bloccato compagnie aeree, banche, supermercati e ospedali in tutto il mondo c’è un funesto aggiornamento automatico di CrowdStrike, la casa di Falcon Sensor, il software di cyber sicurezza di Windows. Che è l’unico host interessato, Mac e Linux invece l’hanno sfangata.
La causa è un listato di codice difettoso che ha innescato un errore logico e ha fatto partire un ciclo infinito di riavvii, mettendo di fatto offline i computer mentre a video persisteva la schermata blu di arresto anomalo, in attesa dell’aggiornamento correttivo.
Qui la seconda criticità, perché sebbene i dati non siano mai stati a rischio e i sistemi della piattaforma Falcon non siano mai stati interrotti, non si è potuto risolvere il problema da remoto, ma c’è voluto un intervento manuale, sul posto, macchina per macchina, applicando le correzioni che CrowdStrike ha trasmesso nel frattempo.
Di mezzo c’è andata anche la Mercedes e di riflesso anche i clienti, quindi McLaren, Aston Martin e Williams, che hanno dovuto ripristinare i computer prima dell’inizio delle prove libere di Budapest. Alla fine, come nel resto del mondo, un po’ alla volta il problema è rientrato. Andrew Shovlin, il direttore delle operazioni in pista:
We’ve had great support from CrowdStrike and all our partners. There was a bit of work that we had to do. We’ve got a lot of computers around the garage and in pit walls and things here, and those all needed updating, but we’ve worked through that. The impact in FP1 was minimal, if not nil. So, as I said, it created a bit of work, but we’re back where we need to be now.
La Mercedes è una delle 29 mila compagnie che a livello globale ricorrono a CrowdStrike per la protezione dei dati che vengono scambiati in tempo reale fra l’auto, il box e la centrale operativa in fabbrica. Dati in quantità impressionante, dal momento che una macchina di Formula 1 si porta appresso qualcosa come 300 sensori e produce, secondo certe fonti, fino a 1.5 terabyte di informazioni nel corso di un weekend di gara, tant’è che Forbes già nel 2014 calcolava che il traffico cumulato di dati in formato elettronico in un solo Gran Premio superava l’equivalente delle informazioni della Biblioteca del Congresso negli Stati Uniti.
Per cui, oggi la Formula 1 come tutte le attività dipende dall’informatica. E si ferma se l’informatica si ferma: a Imola nelle prove libere del 2021 un blackout dovuto a problemi sulla linea della fibra ottica ha costretto l’ufficio tecnico dell’autodromo a ripiegare sulle connessioni satellitari e ha spento radio e gps, innescando anche un incidente fra Perez e Ocon; e nel 2019 un calo di potenza nel box dell’Alfa Romeo a Singapore ha spento i pc impedendo alla squadra di scendere in pista nella prima sessione di prove.