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Imola, perché Verstappen non aveva la maglietta di Senna… e perché Vettel l’ha sparata grossa

martedì 21 maggio 2024 · Dal paddock
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Imola ricordava Ayrton Senna e Roland Ratzenberger a trent’anni dagli incidenti fatali. Un ruolo centrale nelle commemorazioni l’ha avuto Sebastian Vettel che domenica prima della gara ha guidato l’ultima McLaren di Ayrton e giovedì già aveva promosso una corsa simbolica a piedi o in bici, e sotto la pioggia tra l’altro, lungo il circuito del Santerno.

Corsa che ha visto in pista chiunque, piloti e addetti ai lavori, con la maglietta verdeoro e le strisce caratteristiche del casco di Senna. Non l’indossava Verstappen, che s’è presentato con la divisa d’ordinanza del team. E però aveva il braccialetto per Ratzenberger, austriaco, fa sapere la Red Bull, austriaca.

Sulle ragioni di una stonatura che non è passata inosservata, un portavoce di Vettel s’è premurato di spiegare ai giornalisti che alcune magliette sono state rubate, incluse quelle di Verstappen e Bottas, che pure non l’aveva.

Ora, passi Bottas che non se lo fila nessuno, ma Verstappen è pur sempre il campione in carica e il volto più forte della Formula 1. Per cui a scanso di equivoci una maglietta puoi sottrarla a chiunque altro, visto che non ce l’avevano solo i piloti di Formula 1. A meno che tu davvero non abbia qualche motivo personalissimo per non indossarla. E a quel punto se hai le palle lo dici e non ti nascondi.

Ma una buccia di banana l’ha presa pure Vettel, che davanti al monumento di Senna parla da professorone e la spara grandissima: “Dopo la safety car, lui perse il controllo o la sua vettura si ruppe, non è ancora chiaro al 100 per cento da quel giorno”.

Eh no Seb, può non piacere ma c’è stato un processo, lungo, laborioso e doloroso; e in quel processo è stata prodotta una perizia dalla quale risulta che “la causa dell’incidente è dovuta alla rottura di un pezzo di modifica, di ridotto diametro, aggiunto al piantone originale per abbassare il volante nel rispetto delle misure regolamentari d’ingombro”. E la Williams, in aula, non è mai riuscita a provare che la rottura dello sterzo fosse l’effetto e non la causa.

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