Diritti umani, il doppio standard tipicamente occidentale che inquina anche la Formula 1
giovedì 19 ottobre 2023 · Fuori tema
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Come nel 2022 per l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, il conflitto politico e militare tra israeliani e palestinesi evidenzia “l’ipocrisia – parole di Amnesty International – degli stati occidentali” che reagiscono con forza a certe violazioni e ne abbuonano altre.
È il medesimo doppio standard che inquina la Formula 1 quale realtà a carattere fortemente occidentale, che fatalmente si muove nell’interesse delle squadre e dei promotori. In base all’ultimo rapporto annuale di Amnesty, questi i paesi da Gran Premio dove la questione dei diritti dell’uomo è più critica.
Arabia Saudita. Chi ha esercitato pacificamente il diritto alla libertà d’espressione e associazione è stato perseguitato, i difensori dei diritti umani sono stati maltrattati in carcere o sottoposti a divieti di viaggio. I tribunali hanno emesso condanne alla pena capitale in processi gravemente irregolari. L’ombra della schiavitù legalizzata si è allungata anche sui lavori per il circuito di Gedda. Dove, tra l’altro, migliaia di residenti sono stati sottoposti a sgomberi forzati, senza preavviso e senza un risarcimento adeguato, per lasciare spazio ai quartieri del lusso. È praticamente legalizzato il sistema di tutoraggio maschile che discrimina fortemente le donne: le prime patenti alle donne sono solo del 2018, e c’è voluta una battaglia lunghissima.
Azerbaigian. Nel conflitto con l’Armenia per il territorio conteso del Nagorno-Karabakh sarebbero stati commessi crimini di guerra, sui quali sono in corso investigazioni che non hanno registrato progressi. Si riportano arresti arbitrari e procedimenti giudiziari a sfondo politico da parte delle autorità nei confronti di attivisti della società civile.
Bahrain. I prigionieri vengono torturati e sottoposti a trattamenti crudeli, tra cui negligenza medica, ritardi nelle cure e negazione di contatti con le famiglie. La libertà di espressione resta fortemente limitata, i lavoratori migranti non vengono protetti dallo sfruttamento.
Brasile. Le autorità di pubblica sicurezza sono responsabili di frequenti uccisioni di massa. Nell’anno delle elezioni, la diffusione di notizie false e le dichiarazioni di Bolsonaro hanno incitato la violenza a sfondo politico e indebolito gli organi giudiziari: la commissione parlamentare d’inchiesta ha documentato violazioni nella gestione della pandemia, ma le indagini sono state affossate.
Cina. Con la Formula 1 ha un contratto ancora valido, ma non vede un Gran Premio dal 2020, a seguito della pandemia e delle restrizioni applicate dal governo, che secondo Amnesty hanno pregiudicato il diritto alla salute e al cibo adeguato. La censura online è sempre più pervasiva, chi contesta lo stato viene arrestato. Prosegue la repressione sistematica delle minoranze etniche in Xinjiang e Tibet. La legge sulla sicurezza nazionale ha autorizzato l’incarcerazione di giornalisti, radiocronisti e scrittori. Le donne continuano a subire violenze e molestie sessuali.
Emirati Arabi. Le nuove leggi confermano le limitazioni alla libertà di espressione e riunione, il governo ha rinnovato la sua posizione contraria al riconoscimento dei diritti dei rifugiati, i gruppi LGBTI vengono legalmente perseguitati, al punto che vivere da gay ad Abu Dhabi può essere una sfida.
Messico. La Guardia Nazionale reprime le manifestazioni femministe, anche aprendo il fuoco. A causa dell’inattività del governo nella direzione della trasparenza e della responsabilità, l’accesso alle informazioni ha ostacolato l’accesso alla verità e alla giustizia per le vittime di violazioni dei diritti umani.
Qatar. Le donne sono fortemente discriminate, hanno bisogno del permesso di un tutore maschio per studiare, viaggiare o sposarsi. I gruppi LGBTI subiscono violenze. Inoltre, i lavoratori migranti, compresi quelli domestici, sono vittime di abusi tra cui furto di salario e lavoro forzato: è una questione che è stata fortemente dibattuta per le opere alle infrastrutture per i mondiali di calcio.
Stati Uniti. In vari paesi del mondo il governo ricorre alla forza letale, anche mediante droni armati. Il Comitato sull’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite riferisce che non ci sono progressi nell’azione del governo in relazione all’incidenza dei crimini d’odio, all’uso delle armi da fuoco, al ricorso alla forza da parte delle agenzie di sicurezza e alla violenza contro le donne.