Hamilton, Prost e gli altri: i migliori a Silverstone… e le loro vittorie migliori (o più assurde)
giovedì 30 giugno 2022 · Amarcord
tempo di lettura: 2 minuti
Lewis Hamilton, 8 vittorie. Nel 2020, le squadre sbagliano i conti sulla durata delle mescole. Anche la Mercedes: Hamilton buca la gomma anteriore sinistra all’ultimo giro, comunque la fa durare quel tantino più di Bottas e Verstappen in modo da portare l’auto al traguardo. Vince una prova d’intelligenza: “Acceleravo solo quando calavano i giri del motore”.
Alain Prost, 5 vittorie. Nel 1985, la bandiera a scacchi viene esposta un giro prima del dovuto, i commissari sono confusi dal fatto che Prost sulla McLaren ha doppiato tutto il gruppo.
Jim Clark, 3 vittorie. Nel 1965, a dieci giri dalla fine, con la pressione dell’olio in calo, guida la Lotus in modalità switch-off, spegne il motore in curva e lo riattiva sul dritto. Perde tre secondi al giro, eppure trova magistralmente il compromesso perfetto fra velocità e gestione meccanica: “Ero pronto al guasto, pur di non farmi sorpassare da Hill”. Che dà tutto, fa il record all’ultimo giro, ma non lo prende.
Nigel Mansell, 3 vittorie. Nel 1987, immune alle vibrazioni di un pneumatico, sulla Williams martella il cronometro e recupera 28 secondi in 28 giri, raggiunge Piquet in testa e lo passa all’interno alla Stowe. Vince e resta a secco nel giro di rientro ai box, chiede uno strappo a un poliziotto in moto, quando arriva alla Stowe bacia l’asfalto: “Una scena da papa che appare eccessiva, ma illustra la carica emotiva di quel giorno, per me e per il pubblico”.
Michael Schumacher, 3 vittorie. Alla prima affermazione personale sulla Ferrari in Inghilterra, prende la bandiera a scacchi in pit lane su indicazione di Brawn, mentre va a scontare lo stop-and-go per sorpasso con bandiere gialle. La Fia scopre un buco clamoroso nelle regole e si cautela, per il futuro introduce la retrocessione di 25 secondi sull’ordine d’arrivo per le penalità che i piloti non estinguono in gara.