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Perché la Fia ha indagato sull’Aston Martin e perché il reverse engineering è vietato in Formula 1
venerdì 20 maggio 2022 · Tecnica
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Non c’è voluto un esposto ufficiale, l’accertamento è partito direttamente e autonomamente dalla Federazione che a Barcellona, nei controlli di routine sugli aggiornamenti delle squadre, ha trovato che “diverse caratteristiche dell’Aston Martin” somigliassero a quelle di un’altra auto. Che la Fia non menziona, ma è chiaramente la Red Bull.
L’Aston Martin in Spagna praticamente è una versione B di quella che ha iniziato il campionato: nuovo fondo, nuove fiancate, nuovo cofano motore, nuova ala posteriore, perfino nuovo halo. E in effetti non serve l’occhio chirurgico di Giorgio Piola per notare che sembra la RB18 in verde.
Ora, nessuno può vietare di osservare una soluzione vincente e copiarla: “È sempre stato così in Formula 1”, riconosce la Fia. Ma sono proibiti software e strumentazioni per reverse engineering, secondo una direttiva a cui Parigi ha messo mano l’anno scorso a seguito di una questione tecnica minore che aveva acceso la miccia e riguardava pure all’epoca l’Aston Martin, quando ancora era Racing Point.
La Fia a Barcellona fa sapere che gli upgrade dell’Aston Martin sono regolari, praticamente il team ha dimostrato che sono il risultato di un processo interno di sviluppo: “Ci sono prove che quelle novità sono in considerazione da febbraio”, dice Mike Krack.
Nessuna conversione di foto o altri dati, quindi. Soprattutto, nessun trasferimento di proprietà intellettuale. Ad ogni modo, su quest’ultimo punto la Red Bull vuole andare fino in fondo: “C’è un allarme, sarebbe gravissimo”, anticipa Horner.
Di qui l’indagine interna, per verificare che dagli archivi di Milton Keynes non siano uscite informazioni riservate quando diversi elementi del team sono partiti per andare a lavorare all’Aston Martin negli ultimi 12 mesi. Dan Fallows e Andrew Alessi su tutti. Anche la Fia nell’inchiesta ha voluto dalla Red Bull la lista dei tecnici che si sono trasferiti.
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