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L’uomo che sognava di essere Enzo Ferrari
lunedì 29 novembre 2021 · Amarcord
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Erano in due che sognavano di essere Enzo Ferrari. Il primo, Enzo Ferrari stesso, secondo il ritratto che ne ha tracciato Enzo Biagi. L’altro, Frank Williams, quando ancora era un poveraccio senza un soldo in tasca, un avventuriero con l’ambizione di emulare “un costruttore che vince”.
Storia singolare la sua, di pervicacia prima di tutto, ma anche necessità: “Se non fossi diventato team manager, sarei finito diritto nell’esercito”. Agli esordi nelle categorie minori conduce affari e trattative da una cabina telefonica perché in fabbrica gli hanno tagliato la linea, giornali e televisione ne fanno una parodia, lui diventa “testa di rapa”.
Resta uno squattrinato, anche quando debutta in Formula 1, tra cause in tribunale per mancati pagamenti e pessimo credito. Finché alla fine degli anni Settanta non arriva Patrick Head: a quel punto le mansioni si separano e il potere viene delegato, la squadra si trasforma, la parola passa alle statistiche.
Titoli piloti e costruttori nel 1980, da lì una striscia di successi micidiale, al punto che nel 1997 nell’albo d’oro ha più allori la Williams che la Ferrari. Head annota:
Frank’s commitment and enthusiasm towards success on the track was infectious, not only to me but to all others who worked at Williams.
Nonostante gli ostacoli, mai una crepa, perlomeno mai apparente. Né dopo l’incidente stradale che dal 1986 lo inchioda in carrozzella, né dopo la tragedia di Senna nel 1994. Ma esattamente come Ferrari, un po’ alla volta si defila, sempre meno coinvolto nelle dinamiche delle squadra già prima che il team passi di mano.
Se ne va un gigante: “L’esempio vivente della resilienza”, dice Toto Wolff. Nella notte fra sabato e domenica la Formula 1 perde l’ultimo garagista: “Un pioniere, una personalità eccezionale e un uomo esemplare”, scrive Jean Todt.