Perché Hamilton è baronetto… grazie a Boris Johnson. E perché poteva (o doveva) rifiutare
sabato 2 gennaio 2021 · Fuori tema
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Baronetto come Brabham, Head, Moss, Stewart e Williams. Ma c’è voluto l’intervento di Boris Johnson per inserire Hamilton nella lista diplomatica e d’oltremare, superando di fatto l’ostacolo che ne aveva sempre impedito la nomina: lo stato fiscale.
Hamilton dal 2012 ha residenza a Monaco, invece per il cerimoniale di Buckingham Palace un requisito indispensabile è la regolarità contributiva nel Regno Unito. Tant’è che nel 2017 il veto del dipartimento governativo per la riscossione delle imposte fu decisivo per negare il titolo a David Bekham.
È una questione controversa: inflessibili sull’esilio fiscale, i sudditi per spirito di riconoscenza invocavano il cavalierato a Hamilton per meriti sportivi. Di qui l’azione di Johnson che trova la via e sblocca l’impasse. Secondo il Mail Online:
Boris made it clear he wanted Lewis knighted so everyone was backed into a corner.
È il suggello alla stagione superlativa in cui Hamilton vince il settimo titolo uguagliando Schumacher, viene eletto personaggio dell’anno dalla Bbc, è nominato fra le cento personalità più influenti al mondo su Time. Soprattutto, si distingue per guidare imperiosamente la lotta al razzismo dentro e fuori dal paddock. Malgrado qualche svicolata troppo diplomatica.
Qui si apre un’altra lettura, la riflessione sulla necessità di declinare la nomina. Come già Howard Gayle e George Mpanga. Per coerenza e non altro. In nome di quanti, per mano dell’impero britannico, la discriminazione razziale l’hanno patita.