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Monza, l’anticlimax delle qualifiche e quel mormorio di Vettel sulla tattica di Leclerc

sabato 7 settembre 2019 · Gran Premi
tempo di lettura: 4 minuti

C’è una figura retorica che si chiama anticlimax, è la gradazione discendente di forza e intensità di un elenco e più in generale di una narrazione. Nelle qualifiche delle Formula 1 non rappresenta la norma, ma stavolta a Monza qualcosa stravolge il copione abituale al punto che il giro decisivo non lo fa nessuno e la sfida all’ultima staccata va a farsi fottere.

Succede che in Q3 c’è bandiera rossa per l’incidente di Raikkonen alla Parabolica, i piloti come vuole la prassi aspettano il semaforo verde per la ripartenza. C’è una classifica provvisoria, il tempo è poco, la pressione sale: la matematica dice che resta un solo tentativo. Per cui bisogna giocarselo bene. E prendere la scia giusta che regala anche quattro decimi.

È complicata questa storia della scia, i precedenti – uno su tutti, Monza nel 2013, dove Alonso dà di “scemi”, o geni, ai ragazzi del muretto della Ferrari – dimostrano che una scia è sempre complessa da organizzare.

Eppure, l’apripista non vuole farlo nessuno. Finisce che dai box si esce tutti insieme e Dio per tutti, all’ultimo secondo utile per avere comunque la certezza di chiudere il giro. A quel punto comincia un tatticismo malizioso, la melina a chi è più furbo a trovare l’andatura di compromesso per farsi sorpassare in modo da prendersi la scia e comunque tagliare il traguardo senza prendere bandiera.

Tira e molla, tira e molla, solo Sainz e Leclerc si lanciano in tempo mentre sette macchine su nove trovano il semaforo rosso e si fumano l’ultimo tentativo. Per la cronaca: Sainz fa un giro che non cambia la classifica, Leclerc il giro non lo fa nemmeno perché la pole è già sua dopo il primo run. Fine. La sintesi di Wolff:

It’s just junior class and then everybody looked like idiots. Not worthy of Formula 1!

Hamilton non è nemmeno tanto disturbato. Però sostiene che il gioco della Ferrari è studiato: rallentare gli altri per tenersi la pole. Come se la Ferrari avesse certa malizia consumata. No, per fare uno sfunnapede come si deve, o sei Salvo Montalbano o sei la Mercedes, vedi a Baku.

Piuttosto, il malumore lo manifesta Vettel che rimedia la quarta piazza. Lui per quanto riconosca una certa responsabilità anche da parti di altri, “una McLaren e una Renault”, ce l’ha soprattutto con Leclerc che in base ai piani del muretto doveva dargli la scia.

Infatti la Ferrari numero 16 esce dalla pit lane davanti alla numero 5, poi siccome Leclerc fa la lumaca e il tempo scorre, Vettel dopo la prima chicane decide che deve passarlo. E resta davanti fino alla Parabolica, dove Leclerc si rimette in posizione per tirarlo nel giro che alla fine non c’è. Dice Seb:

I’m not happy with how it went. I thought internally we had a better way that we communicated this. I was the one out front, alone, in the first run. I shouldn’t have been the one in front in the second run. He should have been ahead all the way anyway.

Il gioco di squadra che il muretto cercava è quello che confessa Vettel: uno scambio di favori, Vettel dà scia a Leclerc al primo tentativo, l’altro deve ricambiare al secondo. Leclerc a sua discolpa chiarisce:

There was the huge mess after turn one and two. The McLaren and a Renault, I don’t know whoever that was, they stopped in the middle of the track and we had nowhere to go.

Seb overtook me there because obviously we were aware we were quite tight on time. And then I stayed basically behind Seb until the last straight when I heard also on the radio: “You can overtake Seb”.

Forse Leclerc è un grande paraculo. Ma è la prima volta che Vettel porta fuori dal box certe questioni che teoricamente devono restare dentro. La mente torna a Budapest, anno 2007, pure là una qualifica caldissima che fragorosamente fa scoppiare un’altra coppia, quando Hamilton fa il furbetto per fregare Alonso. Può essere Monza, per il rapporto agonistico di Vettel e Leclerc, il punto di non ritorno.

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