Il presidente invisibile: quell’intervista a Elkann che imbarazza il popolo del cavallino dopo Baku

domenica 28 aprile 2019 · Dal paddock
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Affidabilità, guida pulita, concentrazione, furbizia, velocità pura. Manca tanto alla Ferrari, intesa come macchina e come squadra, che iniziava il 2019 con pretese altissime dopo i fuochi dei test e invece prende paga pure a Baku. Ancora.

Manca tanto e non è detto che arrivi. Manca – scriveva F1WEB.it sei mesi fa dopo Suzuka, e più che mai il concetto è attuale adesso – soprattutto “quel tuono autoritario e roboante di un presidente di polso per una scossa a 360 gradi. Come avrebbe fatto Montezemolo. O Marchionne. Elkann, non pervenuto”.

Elkann, appunto. Nel weekend a Baku marca la prima uscita ufficiale, una comparsata sul mercato dove la Scuderia ha interessi finanziari strategici. Federica Masolin di Sky Sport lo raggiunge sotto il podio, mentre Hamilton e Bottas si ubriacano di champagne.

E lui là, col sorriso rapito, svampito e disarmante di un bambinone che s’è perso nel paese delle meraviglie, cappellino in testa e maglietta rossa d’ordinanza, se n’esce con quella frase per scongiurare il crollo in borsa, da tifoso consumato e trasognato, che vive di illusioni e soddisfazioni inconsistenti, che rivendica con orgoglio il giro veloce – a serbatoio scarico, con gomme nuove di pacca – mentre Mercedes stampa la quarta doppietta di fila come nessuna squadra prima in quasi 70 anni di Formula 1:

La Mercedes è più forte e più fortunata, ma il giro più veloce oggi l’abbiamo fatto noi. L’atmosfera nel team consente di tenere vive le speranze di rimonta, il campionato è ancora molto lungo.

La svolta è lontana. Seriamente.

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