L’uomo che ha cambiato la Fiat (e la Ferrari)
mercoledì 25 luglio 2018 · Fuori tema
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La cerimonia di consegna di una Jeep Wrangler all’Arma dei Carabinieri per servizi di controllo sulle spiagge, è il 26 giugno, resta quella l’ultima apparizione pubblica di Sergio Marchionne che il giorno dopo dopo entra in clinica a Zurigo per un intervento alla spalla.
Ai collaboratori assicura: “Starò via pochi giorni. Non c’è bisogno di cambiare troppo l’agenda”. Ma trapelano anche indiscrezioni di stanchezza, il conto per un’agenda d’impegni sempre serrata che lo vede più in aereo che in ufficio.
Marchionne ha un impegno confermato cinque giorni dopo l’intervento, invece il periodo di convalescenza si protrae, subentrano “complicazioni inattese – dirà il comunicato di Fca – durante la convalescenza post operatoria”.
La misura della criticità del quadro clinico la dà il vertice d’urgenza dei consigli d’amministrazione di Fca, Ferrari e Cnh. È il 21 luglio, quasi un mese dal ricovero, l’industria non può aspettare più, cariche e deleghe di Marchionne vanno ridistribuite. Così: Mike Manley di Jeep alla guida di Fca; John Elkann da vice presidente a presidente della Ferrari, con Louis Camilleri come amministratore delegato; Suzanne Heywood a Cnh.
Tempo 24 ore e l’Ansa scrive che Marchionne è “in terapia intensiva in condizioni irreversibili”. Nel frattempo Elkann ha già battuto una lettera ai dipendenti e ha spento ogni speranza: “Sergio non tornerà, è stato il migliore”.
Poco plausibile c’entri solo la spalla, il rispetto della privacy impone una cortina di riserbo che la lettera aperta di Franzo Grande Stevens, il legale della famiglia Agnelli, timidamente solleva: “Conoscevo la sua incapacità di sottrarsi al fumo continuo delle sigarette. Da Zurigo ebbi la conferma che i suoi polmoni erano stati aggrediti e capii che era vicino alla fine”.
Se ne va, “per cause naturali” batte Exor alle 11:30 del 25 luglio, il manager che ha cambiato la Fiat, che ha trasformato la crisi in opportunità, che ha conquistato Chrysler a costo zero. Che in Formula 1 ha spodestato Montezemolo dopo la scossa dell’ibrido, ha riorganizzato la Ferrari e l’ha rimessa sui binari della competizione, al livello della Mercedes che dal 2014 era unico e inarrivabile riferimento tecnico.