Quell’estate senza Schumacher dopo l’incidente (e la frattura) sulla Ferrari a Silverstone nel 1999
mercoledì 11 luglio 2018 · Amarcord
tempo di lettura: 2 minuti
È l’11 luglio del 1999, la stagione della Ferrari in Formula 1 prende una piega imprevista, Schumacher per avaria dell’impianto frenante va diritto dentro le barriere di gomme alla Stowe di Silverstone, mentre è già esposta la bandiera rossa.
“Allentamento della vite di spurgo – scopre la Ferrari – sulla pinza posteriore sinistra”. La telemetria registra 180 all’ora un attimo prima dell’impatto. Il barone rosso è immobilizzato. Racconterà: “Sudavo, ho sentito che i battiti del cuore diminuivano. Credevo di morire”.
Non muore, si frattura tibia e perone della gamba destra, esce dal campionato. La Ferrari ha bisogno di una riserva, lascia Luca Badoer alla Minardi e convoca Mika Salo che a Hockenheim con cavalleria regala la vittoria a Irvine.
Irvine, appunto, che riceve i gradi di capitano. Lui che a Melbourne vinceva la prima dell’anno e in quell’occasione alla domanda sul titolo rispondeva con una battuta: “Posso provarci se Michael si rompe una gamba”. Esattamente.
Schumacher il primo test per tornare in pista lo fa a Monza il 1° settembre, in tribuna sono in dodicimila, ai box c’è perfino Montezemolo. Riesce a percorrere solo cinque giri, ancora non è pronto: “La gamba mi fa troppo male. È impossibile correre, soprattutto su un circuito come questo dove bisogna toccare spesso i cordoli”.
Il ritorno slitta a ottobre in Malesia, là Schumacher come un Salo qualunque si dedica pure lui alla causa di Irvine che lotta per il titolo, gli dà strada due volte e gli lascia la vittoria. È un sacrificio che Irvine non monetizza perché il mondiale a Suzuka lo vince Hakkinen per il secondo anno di fila.