E un anno se ne va: incidenti, olio e bischerate. Cosa resterà del 2017 della Formula 1

domenica 31 dicembre 2017 · Amarcord
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I record di Hamilton. Sempre a punti come solo Schumacher nel 2002: è Hamilton l’uomo dei record del 2017. E delle pole: conquista a Monza il record assoluto, divora in undici anni il primato che Schumi ha fissato in tredici.

I nuovi mostri. La rivoluzione meccanica e aerodinamica produce delle astronavi, i tempi sul giro crollano, a Barcellona di 5 secondi. La Fia chiede alle piste nuove misure di sicurezza, i piloti intensificano gli allenamenti. Le novità non aiutano i sorpassi.

La bischerata di Baku. Hamilton è lento sotto safety car, Vettel lo tampona, si sente provocato e dà sfogo al lato oscuro della forza, reagisce con una mattata, l’affianca e gli dà una ruotata. Danni alle macchine nessuno, alla dignità abbastanza: Vettel presenta le scuse solo una settimana dopo, è la scappatoia a un possibile procedimento giuridico.

L’incidente di Singapore. È il fotogramma doloroso che sintetizza la stagione della Ferrari. Il mondiale Maranello non lo perde là, ma quello è l’episodio che segna l’inizio di una debacle in terra asiatica da cui Vettel e la squadra escono con le ossa rotte mentre il campionato prende la strada di Stoccarda.

Giochi (s)coperti. La Ferrari a Monte Carlo imposta le strategie in funzione della vittoria di Vettel, nonostante la precedenza teorica l’avesse Raikkonen in quanto leader e poleman. Nessun illecito, ma Iceman la vive come una pugnalata alle spalle.

Divagazioni. Alonso a maggio è alla 500 Miglia di Indianapolis nel team di Andretti e col motore dell’Honda: per un mese Nando fa la spola tra Europa e America, con successo supera la prova di ammissione ufficiale per gli esordienti, è quinto in qualifica, in gara lo raggiunge la maledizione dell’Honda, gli sega le gambe a 22 giri dalla fine mentre è settimo.

Divorzi. In tema di Honda e disastri, per carenza di prestazioni il cda della McLaren a settembre ha il destro per la rescissione senza pendenze. Finisce dopo tre anni un supplizio senza argine.

La menata dell’olio. La Fia a più riprese rettifica il regolamento sui limiti di tolleranza dell’olio nella benzina. La Ferrari resta invischiata, a Baku è costretta a un passo indietro e paga dazio. Dopo l’estate arriva l’altra stretta, allora Mercedes anticipa strategicamente l’ultimo step dell’ibrido e si assicura un bonus di potenza prima del giro di vite. Il cavallino no, conta sullo sviluppo. Che invece non va a segno.

Halo per tutti. La Fia delibera l’halo come protezione degli abitacoli dal 2018, a compimento di un percorso a ostacoli tra veti e ostruzioni. Una frangia dei piloti è contraria. È scettico Lauda per esempio, sostiene sia la strada peggiore, quella che “distrugge il dna delle monoposto”.

Talenti tritati. Prende due volte il benservito in 16 mesi: in regressione vertiginosa, ridimensionato nell’autostima per effetto della retrocessione da Red Bull a Toro Rosso nel 2016 per fare spazio a Verstappen, a ottobre Kvyat è estromesso a favore di Gasly. Red Bull trita i cervelli e distrugge le ossa.

La trattativa per Kubica. La Renault comincia a investire sul possibile ritorno di Kubica a sei anni dall’incidente al Rally in Liguria, l’accordo salta per una serie di perplessità sulla tenuta fisica. La palla la raccoglie la Williams, Kubica ai test di Abu Dhabi se la gioca con Sirotkin, un confronto tecnico e finanziario su cui il team ancora deve pronunciarsi.

La scalata di Liberty. Entra nel vivo un processo radicale di ridefinizione di identità e strutture: la nuova proprietà concede alle squadre di aprire una finestra sul paddock attraverso i canali non convenzionali, organizza uno show a Trafalgar Square e dal podio di Abu Dhabi scopre il nuovo logo che cancella l’ultimo riferimento formale all’impero di Ecclestone.

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