… e il poker è servito: la ricostruzione flash dei quattro mondiali di Lewis Hamilton
lunedì 30 ottobre 2017 · Amarcord
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Non vuole scegliere, nessun campione potrebbe, ogni titolo ha una storia, ogni anno le sue gioie e i suoi dolori, rose e spine che plasmano il carattere e scrivono gli annales. Hamilton oggi è come Vettel e come Prost. Davanti, vede solo Fangio e Schumacher. E chissà.
2008. In McLaren, comincia la stagione col portafoglio pieno, firma un contratto quinquennale da ottomila euro per ogni giro di gara. Infila diverse perle nella collana, tipo vince a Monte Carlo malgrado la sbandata al Tabaccaio, a Silverstone sul bagnato mentre Massa si perde nei testacoda, a Hockenheim in rimonta, dove mette una pezza alla strategia balorda del muletto. Ma non è perfetto, a Montreal tampona Raikkonen che aspetta il semaforo rosso in pit lane, a Spa si prende qualche libertà di troppo che la Fia non gli perdona. Fatto sta che il titolo alla fine lo mette in tasca lui, nel finale al cardiopalma di Interlagos, all’ultima curva dell’ultima gara.
2014. È in Mercedes da un anno, ma la macchina per vincere arriva solo con la rivoluzione ibrida, insieme al confronto con Rosberg. All’inizio è agonismo e basta, a Monte Carlo entra in gioco la componente psicologica, quando Rosberg fa uscire le bandiere gialle e si tiene la pole. Da quel momento è diffidenza reciproca: Spa è un conflitto a fuoco, Austin un rodeo, il verdetto lo scrive Abu Dhabi.
2015. Parte col vento in poppa, si aggiudica 3 gare su 4 all’inizio dell’anno, ma ci rimette la vittoria a Monte Carlo perché la Mercedes sbaglia i conti e lo chiama dentro al pit stop. A Monza rischia la squalifica per la pressione delle gomme, si salva perché il protocollo non è chiarissimo. Austin è decisiva, Rosberg si fa scappare la macchina in accelerazione mentre è in testa, lo lascia accomodare. Il mondiale psicologicamente se n’è già andato, se ne va anche matematicamente. Là Hamilton fa tre come Senna.
2017. È più carico che mai e non c’è più Rosberg, l’unico che teoricamente gli può tenere testa. Ma deve vedersela con la Ferrari, con Vettel che alla pausa estiva va in vacanza da leader del mondiale. La seconda parte del campionato ha senso unico, la trasferta asiatica è stregata per il cavallino, gira tutto a favore di Hamilton che ad Austin ha già un match ball. Le circostanze l’aiutano, ma lui prima di tutto s’aiuta da solo. E mette in rete in Messico.