Brexit: e la Formula 1?
venerdì 24 giugno 2016 · Fuori tema
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Mezze risposte, giudizi elusivi. Di Brexit nel paddock non voleva parlare nessuno. Nemmeno la Mercedes, tedesca di licenza, inglese di stabilimento. Nemmeno la Ferrari che dopo la quotazione in borsa è più cauta di prima sulle questione di carattere politico.
Alla fine s’era schierato Ron Dennis per tutti: “Sperare di essere competitivi da soli, contro quanto noi stessi abbiamo contribuito a costruire, sarebbe illogico e potenzialmente avrebbe serie conseguenze. Questo referendum è una scelta tra il noto e l’ignoto“.
Ecclestone invece era per la scissione: “Per il mio business non fa differenza. E non fa differenza per nessuno qui. So quello che do all’Unione, non so quello che ricevo in cambio“.
Ha vinto lui, il Regno Unito ha deciso, via dall’Europa, cioè verso l’ignoto, per dirla come Dennis. E adesso vanno pesate concretamente tutte le implicazioni in tutti i settori, anche in Formula 1 dove la matrice anglosassone è prepotentemente radicata.
Le stime per il settore dell’auto davano per plausibile un aumento del 2.5% sulla fornitura di componenti e del 10% sul prezzo complessivo delle vetture in caso di uscita dall’Unione. Tant’è che la previsione degli esperti lascia intravedere l’impulso alla migrazione verso l’Est.
Il terremoto per la Formula 1 è meno devastante, ma l’aumento della tassazione rischia di farsi sentire per tutte le case che hanno base in Inghilterra: Force India, Haas, Manor, McLaren, Mercedes, Red Bull, Renault, Williams. Praticamente tutte tranne Ferrari, Sauber e Toro Rosso. Che non è detto non siano interessate, dal momento che i fornitori ce li hanno comunque nella cintura dove si servono anche gli altri.
Horner in conferenza stampa in Spagna anticipava: “Se succede, succede. Comunque penso che l’uscita non cambierebbe il team, sapremmo gestire la nuova situazione“. Juncker da Bruxelles promette: “Non è la fine dell’Europa”. Ma neanche della Formula 1.