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Giustizia per Jules, tutti a processo: l’azione legale per scardinare un’ingiuria

venerdì 27 maggio 2016 · Dal paddock
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È a Montecarlo la famiglia di Jules Bianchi, torna nel paddock dopo due anni e la location non è casuale perché lì, nel principato della famiglia Grimaldi, Jules nel 2014 aveva preso due punti per la Marussia, cinque mesi prima del dramma di Suzuka.

Oggi nasce una fondazione a suo nome che sostiene la formazione dei giovani piloti. L’aveva promesso il papà: “Possiamo fare qualcosa in suo onore”. Aveva anche promesso che un giorno avrebbe squarciato il muro del silenzio: “Mi sembra un incidente stradale più che un incidente di corsa”.

Era nell’aria il proposito dell’azione legale, adesso la denuncia è formalmente depositata. Contro la Fia, la Fom di Ecclestone e la Marussia, oggi Manor. Praticamente tutti in tribunale:

Errors were made in the planning, timing, organisation and conduct of the race which took place in dangerous conditions during the typhoon season in Japan.

La Fia un anno e mezzo fa ha istituito una commissione straordinaria che doveva indagare sulle circostanze dell’incidente. L’inchiesta tecnicamente ha trovato tante risposte, eppure paradossalmente ha chiarito poco. Tante concause, nessuna determinante: per la commissione la responsabilità principale è del pilota “che non ha rallentato abbastanza”, ma nel rapporto si fa menzione anche dell’incompatibilità tra il brake-by-wire della Marussia e del sistema di sicurezza che è deputato a spegnere il motore tagliando l’accelerazione.

Parte da quelle conclusioni la mossa della famiglia di Jules. Più che altro per scardinare l’ingiuria della colpa che la Fia esplicitamente “con sorpresa e dolore”, scrivono gli avvocati, addossa al pilota.

Ora la ripercussione sul circo dei motori è difficile da quantificare. A Montecarlo tanto scorre tutto come sempre. Prove, glamour, sponsor e meeting. Ma l’auspicio che fanno i legali è che nel processo “chi è coinvolto fornisca delle risposte e si assuma delle responsabilità”. La Formula 1 invece è un mondo che tende a chiudersi per proteggersi. L’ha insegnato il processo Senna.

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