Monza e il Gran Premio di Formula 1, sviluppi e retroscena. Perché rischia tutto l’autodromo

venerdì 22 aprile 2016 · Politica
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Usciva in edicola il 26 gennaio il numero di Autosprint che annunciava in copertina la salvezza di Monza: “Entro febbraio – l’occhiello sopra il titolo – la firma che blinda il Gran Premio d’Italia”. Di concreto non c’è mai stato niente, più che altro l’ottimismo veniva dall’intervista ad Angelo Sticchi Damiani, l’uomo dell’Aci che da diversi mesi ha in mano il destino del contratto con la Formula 1 e conduce in prima persona i negoziati con Ecclestone per conto del Coni su mandato del governo.

Il risultato ancora non l’ha portato a casa, la sabbia nella clessidra sta finendo. Riassumendo: in scadenza di contratto Ecclestone nel 2014 nell’intervista alla Gazzetta avvisa che le vecchie condizioni contrattuali vanno ridiscusse, altrimenti “bye, bye”, testuale. Tradotto: ci vogliono più soldi, per allineare Monza alle tariffe che versano le altre piste e rinnovare oltre il 2016. Baku per esempio paga il doppio per la gara d’esordio, il prossimo 19 giugno.

A dicembre lo spiraglio per la conferma del Gran Premio d’Italia si apre con la Legge di Stabilità, l’Aci può pagarsi il Gran Premio con fondi propri, eventualmente i proventi delle immatricolazioni dei veicoli. Purché Monza trovi altri 10 milioni di euro. Sticchi Damiani assicura: “L’accordo in sostanza è già stato trovato”.

A febbraio invece tuona l’ultimatum di Ecclestone: “Mi pare un classico problema all’italiana. Si parla – parole sue – e non si conclude”. Lui per la stampa generalista è il criminale che vuole strappare la Formula 1 da Monza. La verità è che dietro le quinte le responsabilità s’intrecciano.

Prima di tutto la faccenda delle moto, Superbike e MotoGP: la Sias – che controlla l’autodromo ma è comunque soggetta per il 70% all’Aci di Milano – formalmente s’impegna a cercare i soldi per modificare il tracciato in funzione delle due ruote, una chicane in mezzo alla curva grande, una rivisitazione dell’Ascari, tutto per 2 milioni di euro e una serie autorizzazioni che il sindaco con le elezioni in arrivo non vuole neanche chiedere per non farsi nemici.

Il piano delle moto allora s’arena, Ecclestone che evidentemente s’aspetta da Monza la concentrazione degli sforzi in direzione della Formula 1 capisce che le priorità in Brianza stanno cambiando, per cui “ha chiesto – scriveva il Corriere dello Sport – di esautorare i vertici della Sias”, cioè Andrea Dell’Orto, prima di tornare a discutere.

Dell’Orto invece non si muove: “Non ho mai ricevuto comunicazioni ufficiali. Mi sento un capro espiatorio”. Dal consiglio d’amministrazione però il 7 aprile si dimette Ivan Capelli: l’intenzione è quella di rovesciare Dell’Orto con tutto il cda e tornare alle elezioni. Lo stallo invece si protrae, tra personalismi, politica e questioni finanziarie: “La trattativa – ribadisce adesso Sticchi Damiani dal via della Targa Florio – è complessa e molto onerosa. Abbiamo una grande responsabilità”.

La Ferrari da parte sua non alza un dito per difendere la gara nazionale. Del resto, ormai gli interessi commerciali del cavallino sono altrove. Quando invece Marchionne aveva promesso: “Se dovremo intervenire con Ecclestone per avere una garanzia (per Monza), lo faremo”. Restano le chiacchiere sul passato glorioso. Insistenti e vane. La Regione Lombardia senza il Gran Premio non sblocca i soldi di supporto che ha promesso. La crisi è profonda. Rischia d’ingoiare tutto l’autodromo.

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