E un anno se ne va: record, pasticci e (pochi) sorpassi. Cosa resterà del 2015

martedì 29 dicembre 2015 · Amarcord
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I record della Mercedes. Il varco l’ha trovato solo Vettel, tecnicamente e psicologicamente Mercedes ha ammazzato il mondiale per il secondo anno di fila. Da quando è cominciata l’era dell’ibrido ha vinto 32 volte su 38, ha totalizzato 23 doppiette e ha perso solamente due pole: una l’anno scorso in Austria con Massa, l’altra a Singapore con Vettel.

Il recupero del cavallino. Voleva due vittorie, Marchionne per l’anno nuovo. Vettel gliene porta tre. “The prancing horse is back”, come dicono in Inghilterra: il cavallino torna a rampare, sull’onda di quella scossa fisiologica che arriva sempre quando si cambia l’allenatore. Il calcio insegna, i progressi si giudicano sulla distanza.

La gomma di Spa. Al Gran Premio del Belgio, all’imbocco del Kemmel esplode la gomma di Vettel che in quel momento sta stringendo i denti per respingere Grosjean e difendere il terzo posto. Seb finisce fuori dai punti e innesca la polemica feroce: “Fosse capitato un attimo prima, adesso non sarei nemmeno qui a parlare”. Ecclestone e la Fia stanno dalla parte di Pirelli: Ferrari ha osato troppo, le gomme sono sicure se le squadre le usano col cervello.

Il pasticciaccio di Montecarlo. La Mercedes fa un pit stop inutile a Hamilton quando entra la safety car al Gran Premio di Monaco, conta sul fatto che il vantaggio su Rosberg e Vettel fosse rassicurante. Invece Hamilton rientra in terza posizione. D’un soffio. E ci rimette una vittoria che era solo sua e solo sua doveva essere.

Gli acuti di Verstappen. Il più giovane della storia, il più giovane a punti. Eccitato ed eccitante, nel bene e nel male. Per dire: a Singapore è doppiato al primo giro e ottavo sul traguardo, l’aiutano le due safety car, lui comunque passa dove non si passa. A Montecarlo invece è troppo ottimista, stecca clamorosamente la valutazione del punto di frenata a Santa Devota, aggancia Grosjean e vola nelle barriere.

L’ubriaco di Marina Bay. Sbandato, inglese, 27 anni, incoscientemente s’è conquistato il suo attimo di celebrità al Gran Premio di Singapore facendosi qualche metro a piedi sull’Esplanade Drive, indisturbato, tra la curva 13 e la curva 14. L’hanno messo in cella. Un suo illustre compare a Shanghai ha addirittura attraversato il rettilineo principale per raggiungere il box della Ferrari.

Il retro podio di Austin. Rosberg sta seduto e non dice una parola, Hamilton gli tira il cappellino del secondo classificato, lui lo vive come un affronto, con rabbia e fastidio glielo rilancia.

Le folate di vento. Due sono. O almeno così dicono. Una se la becca Rosberg ad Austin quando si gira e regala la vittoria a Hamilton. L’altra è quella che secondo la versione ufficiale della McLaren provoca lo schianto di Alonso ai test di Barcellona. Balle, ribatte Alonso quando incontra i giornalisti un mese dopo. Diversi aspetti non tornano. Circola l’ipotesi di una scarica elettrica dal sistema di recupero dell’energia.

I patemi dell’Honda. Retrocessioni su retrocessioni, penalità su penalità. Comincia nel peggiore dei modi la nuova era della McLaren. Solo Manor fa peggio. Alonso a Suzuka urla via radio mentre tutti l’infilano: “Imbarazzante”. E ancora: “Un motore da Gp2”. La sua foto mentre prende il sole in qualifica a Interlagos diventa il simbolo di un anno da scordare.

La frode di Volkswagen. Che apparentemente non c’entra niente con la Formula 1, ma il caso del software che taroccava le emissioni un impatto l’ha avuto anche nel paddock perché quelli erano i giorni in cui il gruppo doveva tirare le fila per deliberare il debutto in Formula 1, forse con l’Audi in partnership con Red Bull. E poi sono esplose questioni più serie.

Jules Bianchi. Se n’è andato una sera d’estate, non aveva mai ripreso conoscenza dopo l’incidente di Suzuka, non aveva dato quei segnali confortanti di speranza. Alla stampa francese, il papà qualcosa l’anticipava, forse il peso di una decisione: “Una volta parlavamo di Schumacher. Mi disse che se avesse avuto un problema simile, per lui sarebbe stato molto difficile. E non l’avrebbe accettato”.

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