Correre a 2200 metri di quota: pro e contro in sintesi, imparando dal Messico
lunedì 2 novembre 2015 · Tecnica
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Brembo aveva avvisato: sarà tosta per i freni. Altrove le staccate sono anche più violente, il problema del Messico però viene dalla densità dell’aria che diminuisce con la quota, per cui correndo a 2200 metri d’altezza va a finire che il flusso frontale perde potere di raffreddamento.
Venerdì nelle prove libere i dischi sulla Mercedes di Rosberg sono andati letteralmente a fuoco. Lui spiegava: “Abbiamo l’ala posteriore di Montecarlo per guadagnare carico, ma sul rettilineo principale facciamo le stesse velocità di punta di Monza”.
Pure maggiori a guardare i numeri, perché le ali, sempre per il discorso dell’aria rarefatta, trovano meno resistenza sul dritto. Per dire: sabato in qualifica Massa ha toccato un picco di 364.3 chilometri all’ora, a Monza la punta l’aveva fatta registrare Perez a 354.6. L’altitudine regala velocità.
Manca un termine di paragone recente per le velocità del Messico prima dell’introduzione dell’ibrido. Ma i libri di teoria di base insegnano che rispetto ai motori aspirati il turbo risente meno dell’aria rarefatta perché tanto c’è la sovralimentazione del compressore.
Qui però si torna al discorso del raffreddamento perché il motore, aspirato o sovralimentato che sia, a Città del Messico non respira. Ecco perché un po’ tutti hanno modificato gli airbox e la Mercedes ha aggiunto quelle due feritoie ai lati della bocca principale.