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Tre come Senna
lunedì 26 ottobre 2015 · Amarcord
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E sono tre. Tre come Brabham, Stewart, Lauda e Piquet. Soprattutto, tre come Senna a cui s’ispira nel personaggio e nelle movenze quando vive la pista, meno negli atteggiamenti quando vive fuori dai confini del circuito.
Veloce, si chiama Lewis in onore di Carl, nomen omen. Genio e sregolatezza, con le intuizioni agonistiche del fuoriclasse che decide gli incontri con il gol partita. Ostinato, perché “la macchina che sta davanti – spiegava Martin Whitmarsh ai tempi della McLaren – per lui è sempre il nemico. E non importa chi sia”.
Oggi Lewis Hamilton è nell’olimpo, un prode condottiero, un gigante carismatico anche nel campo delle pubbliche relazioni dove all’inizio non sapeva muoversi.
Ne ha fatta di strada su tutti i fronti il bambino che giocava bene a calcio e cricket prima della conversione alle ruote. A dieci anni aveva vinto in kart, da allora non c’era stato altro dio al di fuori del motore.
La storia passa per quell’incontro con Ron Dennis. Lewis ha dodici anni, gli promette: “Voglio vincere. E voglio farlo col tuo team”. Dennis gli risponde: “Riparliamone tra qualche anno”.
La McLaren lo mette nel programma giovani, lo porta in Formula Renault nel 2001, poi in Formula 3, nel 2005 in Gp2. Nel 2006 il primo pensiero stupendo, metterlo in pista con Raikkonen nel finale del campionato al posto di Montoya. Preme anche Ecclestone che fiuta la mossa commerciale intorno al debutto del primo pilota di colore.
Slitta tutto al 2007 perché Dennis non vuole bruciarsi la gallinella dalle uova d’oro. Ne viene fuori un esordio scintillante, nella stagione dello scontro furioso con Alonso, per ingerenze colpevoli anche da parte del team. Oggi pure Nando gli riconosce meriti e stima: “Si fa fatica a trovargli un difetto”.