Raffreddamento, gomme e strategia: così la Ferrari ha vinto il Gran Premio di Malesia
lunedì 30 marzo 2015 · Tecnica
tempo di lettura: 2 minuti
È figlia di Vettel sul piano agonistico, della tenacia e della perfezione del bimbo d’oro di Heppenheim, la prima vittoria della Ferrari dopo due anni a secco. Ma è anche il risultato di almeno tre elementi determinanti sul piano tecnico. Li elencava James Allison domenica sera tra uno champagne e l’altro: raffreddamento, gomme e strategia.
Venerdì la Ferrari s’era fatta scoprire con le pance aperte, proprio sulla macchina di Vettel. E s’era notato che i radiatori adesso sono più inclinati rispetto all’anno scorso e rispetto allo schema che impiegano gli altri team: “Già, abbiamo un pacchetto di raffreddamento decisamente buono. È un sistema innovativo”.
In pratica con la nuova disposizione dei radiatori la Ferrari da un lato è riuscita a snellire il retrotreno e dall’altro s’è risparmiata tutte le feritoie che normalmente proliferano sulle scocche per agevolare lo smaltimento termico e finiscono per sporcare l’aerodinamica: “Adesso la macchina è in grado di lavorare anche a queste temperature estreme, senza richiedere aperture sulla carrozzeria”.
Ma a Sepang la differenza con la Mercedes s’è notata maggiormente nella gestione delle mescole: “Noi – sottolinea Allison – abbiamo un’auto che su queste gomme si comporta bene malgrado il caldo. Adesso non ho idea dei problemi che ha avuto la Mercedes, ma vi prometto che a Shanghai faremo in modo di ripetere quello che abbiamo fatto oggi”.
In realtà la Mercedes s’è tagliata le gambe da sola quando ha visto la safety car al quarto giro e ha anticipato la prima sosta. Dopodiché Hamilton e Rosberg si sono trovati sballati con le durate degli stint: “Ma credo che un ruolo l’abbia avuto anche il traffico. Hanno dovuto sorpassare delle macchine che erano un secondo e mezzo più lente di loro. Potevano differenziare le strategie e provare a batterci almeno con una macchina”.
Dà lezioni di tattica la Ferrari che prima spesso andava a tentoni: “Diciamo che abbiamo intravisto nella safety car una possibilità di sorpassare. Senza fatica, relativamente”. Per le strategie il Cavallino proprio alla vigilia di Sepang ha preso Inaki Rueda dalla Lotus. Non l’ha spedito in pista, l’ha lasciato a Maranello, in quella scatola asettica che nel gergo si chiama remote garage, il muretto parallelo che dalla factory suggerisce le mosse al team. Un approccio che Pat Fry s’era portato dietro dalla McLaren.