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Tronchetti Provera vende, Pirelli parla cinese. E per il futuro in Formula 1 vuole chiarezza

domenica 22 marzo 2015 · Politica
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Pirelli è meno italiana. Per il 51% esattamente, per la maggioranza quindi. Cambia totalmente faccia uno dei miti della prima industrializzazione del belpaese, il gioiello della rinascita milanese. Un simbolo dello sviluppo tricolore in effetti, perché una volta in Italia le macchine si compravano alla Fiat, la benzina all’Agip e le gomme da Pirelli. Una volta.

Poi la globalizzazione ha stravolto il quadro. Adesso Marco Tronchetti Provera ha deciso che il marchio della Bicocca deve passare ai cinesi di Chem-China che investono 3.5 miliardi di euro nella nuova catena di controllo.

Chem-China è una conglomerata a controllo statale che ogni anno fattura 36 miliardi di euro in diversi settori, è attiva in 140 paesi del mondo e conta 140 mila dipendenti. Non era l’unico interlocutore. Il più solido comunque, secondo Tronchetti Provera. Anche perché i cinesi gli permettono di restare in sella, perlomeno fino al 2021.

E allora sembra garantito l’impegno in Formula 1, dal momento che per la campagna nella massima serie chi s’è battuto in prima persona è sempre stato lui.

Ad ogni modo, Pirelli per andare oltre vuole chiarezza sulle regole: “Se hai intenzione di chiudere un contratto, è giusto sapere cosa stai firmando”. L’ha ribadito Paul Hembery da Londra, in concomitanza sospetta con la conferma del passaggio di consegne ai cinesi.

Le squadre vanno verso la ridefinizione delle specifiche tecniche, ma non sono unanimi. Pirelli in particolare chiede i cerchi a 18 pollici per riflettere le tendenze del mercato e agevolare il trasferimento tecnologico dallo sport dell’auto alle stradali. Non è un vincolo. Un’idea insistente, piuttosto. Li ha già provati, sulla Lotus a Silverstone un anno fa: “Per dimostrare che siamo reattivi”. Ma se non vengono specificate in anticipo le regole del 2017, Pirelli non firma il rinnovo. A prescindere dalla dirigenza.

Hembery, Pirelli,