Hamilton contro Rosberg, due diavoli, un conflitto lungo un anno: le tappe

mercoledì 31 dicembre 2014 · Amarcord
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Bahrain. Resiste con le dure a Rosberg che fa l’ultimo stint sulle morbide, Hamilton firma una prestazione da hit parade. Tanti rischi, tanti incontri ravvicinati, ma non c’è ordine di squadra. Solo un avvertimento da Paddy Lowe: “Portiamo le macchine a casa”. È doppietta e sono sorrisi. Ma stanno per finire.

Barcellona. Vince ancora Hamilton, conquista la vetta e neutralizza il distacco che si portava dietro dal ritiro di Melbourne. Ma secondo le indiscrezioni si aiuta con una mappatura che il team invece proibisce. Alza anche i toni della sfida e si mette a giocare di psicologia: “Ero povero, non avevo niente, dormivo sul divano. Nico invece viveva nel jet-set”.

Montecarlo. La prima controversia vera: Rosberg arriva lungo al Mirabeau, congela la classifica delle qualifiche e si tiene la pole. “Un errore onesto”, sostiene lui. “Un errore ironico” ribatte Hamilton che non può rispondere all’assalto alla pole. Non si scambiano più nemmeno uno sguardo. Va a Rosberg il primo round da separati in casa.

Montréal. Cominciano in contemporanea i patimenti sulle Mercedes. Hamilton non vede la bandiera a scacchi, Rosberg tira i remi in barca e difende la piazza d’onore. È la prima battuta d’arresto della corazzata tedesca. Hamilton ammette: “Potevo gestirla meglio e fare come Nico, avrei preso qualche punto”.

Budapest. È opaca la corsa di Rosberg e gli dà solo il quarto posto, mezzo secondo dietro a Hamilton che parte dal bosco dopo l’incendio al motore. Mercedes nell’ultimo stint vuole il gioco di squadra a favore di Nico che è ancora in debito di un pit-stop. Lewis non si fida, resta davanti e ci vede giusto.

Spa. Hamilton conduce, Rosberg cerca il sorpasso, gli fora la posteriore sinistra e lo condanna. Il team fissa le regole e svela: “Sono state intraprese appropriate misure disciplinari”. Quali, non è dato sapere.

Monza. Non c’è il corpo a corpo, Rosberg raddrizza la chicane in fondo al rettifilo e si fa passare da Hamilton che poi vince. Il sospetto è che Nico dovesse saldare il debito per il danno di Spa.

Suzuka. Si aiuta con il drs per prendere la scia, tiene in pista la macchina come un equilibrista quando si fionda nella prima curva: Hamilton infila Rosberg e si guadagna la vittoria, mentre il tifone Phanfone sale inesorabile dal Pacifico verso il Giappone e si consuma il dramma di Bianchi.

Sochi. Poco furbo, vuole tutto e subito, Rosberg cerca il sorpasso alla prima curva, inchioda e si fuma – letteralmente – i pneumatici. Deve giocarsi al volo il pit-stop, rimonta e chiude secondo. Dietro a Hamilton, ovviamente.

Austin. Rosberg prende un altro sganassone, Hamilton l’infilza con una manovra da favola che da sola vale il prezzo del biglietto del rodeo e mette in cassa la decima vittoria dell’anno. Nico non ha chance: deve riprendere a vincere.

Interlagos. Si gira Hamilton mentre cerca di chiudere il gap su Rosberg che ha già cambiato le gomme e va a vincere. Rosicchia 7 punti, lascia il Brasile con 17 lunghezze di deficit e col trofeo delle pole position.

Abu Dhabi. Non c’è storia, Hamilton passa in testa al via e ci resta fino alla bandiera a scacchi. Rosberg non morde, si gioca ogni chance quando si pianta l’ers. Ammette: “Un guasto che non fa la differenza. Hamilton si meritava il campionato, è stato lui il più forte”.

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