Suzuka, che dramma: è appesa a un filo la vita di Jules Bianchi
domenica 5 ottobre 2014 · Gran Premi
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È lugubre il paddock a Suzuka, trattiene il fiato nella morsa di quell’angoscia che la Formula 1 s’è messa alle spalle attraverso anni di campagne per la sicurezza. Adrian Sutil è il testimone oculare che tutti cercano. È sintetico: “Non mi va di parlare, rispetto la sua vita”. Pronuncia quella parola che anticipa il peggio, mentre arriva la polizia a preparare l’inchiesta.
La gara, il risultato, la vittoria di Hamilton, gli sviluppi del mercato, sono la parte che non fa notizia. È appesa a un filo la vita di Jules Bianchi che esce di pista al giro 43 alla curva Dunlop, nel punto in cui s’è già schiantato Sutil. I commissari stanno spostando la Sauber con la ruspa, la Marussia va a sbatterci di fianco e s’infila sotto lo scudo posteriore.
Gli sguardi, i replay che non arrivano, la rapidità con cui la direzione corsa dà bandiera rossa e annuncia che la gara non può ripartire sono gli elementi che immediatamente danno la dimensione della gravità dell’incidente mentre calano le tenebre e la cerimonia del podio è una formalità senza champagne.
Diventano una pratica sciocca e angosciante tutte le interviste, a comiciare da quelle che Nigel Mansell ha l’obbligo di condurre sul podio. È altrove l’attenzione, a Matteo Bonciani che per conto della Fia, davanti al centro medico, comunica che Bianchi “viene trasportato in ospedale ed è incosciente”.
Le notizie si fanno attendere, alimentano il presagio più cupo. Dallo staff del team una flebile speranza, l’indiscrezione che Jules abbia respirato autonomamente durante il trasferimento all’ospedale di Yokkaichi.
La Fia solamente tre ore e mezza dopo i fatti rilascia il primo comunicato, riferisce di “un trauma cranico serio” e della necessità di passare in terapia intensiva al termine di un intervento complesso al cervello. Il paddock per il momento prega. Poi la caccia al colpevole.