Valentino e quel sogno di guidare la Ferrari. Ma quanto valeva Rossi a quattro ruote?
martedì 30 settembre 2014 · Amarcord
tempo di lettura: 2 minuti
A un certo punto cominciava a crederci perfino Davide Brivio che dopo il volo e l’infortunio di Vale al Mugello quattro anni fa commentava: “Adesso l’importante è che guarisca perché avrà altri campionati da fare”. E sibillino aggiungeva: “Spero in moto”. Alla fine invece il passaggio di Rossi in Formula 1 non s’è mai concretizzato, per quanto la Ferrari e Luca di Montezemolo ci abbiano maliziosamente girato intorno per sei anni.
Una chiamata insistente, uno scambio lunghissimo di ammiccamenti e dichiarazioni di affetto, flirt a ripetizione tra Fiorano, Mugello e Valencia, rapporti occasionali per la gioia degli sponsor, assolute campagne promozionali che la Ferrari ha sempre mascherato con l’alibi del progetto serio.
N’è tornato a parlare il diretto interessato, il dottor Rossi una settimana fa nell’intervista con SkySport. Ricorda “una scommessa molto affascinante ma anche molto rischiosa”, lascia intendere che le intenzioni fossero concrete. E specifica che il paletto l’ha messo lui e soltanto lui:
Sinceramente non me la sono sentita di smettere con le moto perché sapevo di avere ancora tanti anni davanti (…). Non mi sono mai pentito, penso di aver fatto la scelta giusta, anche perché poi ho vinto altri due mondiali. Ho passato Stoner al Cavatappi e Lorenzo all’ultima curva a Barcellona, solo per questo ne è valsa la pena.
Sta di fatto che al di là delle dichiarazioni di facciata, dell’incenso dei comunicati stampa e dell’adorazione incondizionata dei fan, il valore di Rossi a quattro ruote resta tutto da dimostrare.
Anno 2010, mese di gennaio, circuito di Barcellona, Rossi gira sulla F2008 del Dipartimento Clienti, in una sessione straordinaria che per certi aspetti tecnici desta anche qualche sospetto. Blocca il cronometro su 1:21.9. Kimi Raikkonen con quella macchina c’era andato in pole nel Gran Premio di Spagna con 1:21.813. Ma visto che Rossi cercava la prestazione, il termine di paragone è il Q2, in cui le macchine girano a serbatoi scarichi: Massa aveva fatto 1:20.584, peraltro con gomme a battistrada scanalato in luogo delle slick che usa Vale nel test e comunque danno più aderenza. Due settimane prima, sempre Massa, nei test della vigilia aveva fissato il record in 1:18.339.
Tre secondi di differenza insomma. L’aspetto curioso è che Jean Todt nel 2005, quando ancora saldamente teneva le redini del Cavallino, anticipasse: “Quello che conta non è entrare nei tre secondi del miglior tempo. Conta il decimo davanti al miglior tempo. Questo è molto difficile, come per lui nelle moto”. Appunto. Punto.