PHOTO CREDIT · Sauber F1 Team
Umidità, smog e guard-rail: resta Singapore la gara più massacrante dell’anno
venerdì 26 settembre 2014 · Gran Premi
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Comincia con Daniil Kvyat che già in griglia non riesce a bere dalla borraccia, finisce con Kevin Magnussen in infermeria per medicazioni mentre Fernando Alonso su Twitter esibisce con orgoglio la pianta del piede con la pelle a squame – il risultato di “due ore di sauna in macchina” – e la Ferrari riferisce che nel cockpit ci fossero 55 gradi.
Caldo, umidità, smog, bassa aderenza, guard-rail a un soffio, 23 curve, la fatica di Sepang sommata all’applicazione cerebrale di Montecarlo. Si conferma massacrante l’appuntamento di Singapore: “Ma comunque – diceva Vettel nelle interviste sul podio – ci piace perché è una grande sfida”.
Che comporta anche una preparazione con una logica totalmente diversa da quella delle gare normali: meno attività fisica tra una sessione e l’altra per non affaticarsi, più succhi, più frutta e soprattutto più mirtillo che pare aiuti la vista.
Ma la disidratazione resta il dramma principale perché a girare tra i muretti di Marina Bay i piloti perdono fino a quattro chili di fluidi, che per qualcuno corrispondono al 5 per cento del peso.
Oltre a essere la più dura, Singapore è pure la tappa più lunga perché malgrado la distanza totale sia la stessa delle altre corse – 300 chilometri più un giro – la media oraria è bassissima. Hamilton ha vinto a 154 di media, negli anni non s’è mai andati oltre 160. Perciò il Gran Premio si trasforma sempre in una specie di endurance al limite delle due ore che da regolamento rappresentano la soglia massima.
Jenson Button nel 2011 proponeva: “Forse questa gara va accorciata”. Ma una mozione ufficiale non è mai stata presentata. Una deroga invece esiste per Monaco: 78 giri che corrispondono a 260 chilometri. E non fa nemmeno così caldo come a Singapore.