La manovrina di Ginevra: resta il superpunteggio, si parla solo di costi
lunedì 27 gennaio 2014 · Regolamenti
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Stop-and-go di cinque secondi, un chilo in più sul nuovo peso minimo che non piaceva agli ingegneri, il casco obbligatorio ai box anche nelle qualifiche e sei jolly anziché due per violare il coprifuoco e sostituire i componenti critici. Quella di Ginevra tutto sommato è una manovrina di assestamento che non entra nel merito della questione che agli appassionati stava più a cuore: la ridefinizione dei punteggi.
Ecclestone voleva che il bonus venisse esteso a tre gare, possibilmente anche quattro. Dall’altra parte della barricata, con quelli che chiedevano che la norma venisse abrogata, c’erano i promotori delle corse. L’aveva svelato James Allen a dicembre: “Si sono attaccati al telefono con Bernie, hanno contestato il fatto che con questa novità la gara di Abu Dhabi viene considerata più importante delle altre”.
Ufficialmente, il superpunteggio di fine anno già non aveva l’approvazione delle squadre che però nemmeno a Ginevra hanno fatto il passo per ottenere la cancellazione di un sistema che secondo Luca Cordero di Montezemolo resta “artificioso”.
La Ferrari un impegno in prima linea non l’ha mai assicurato, per quanto potesse benissimo giocarsi il veto e bloccare tutte le trattative prima che arrivassero al Consiglio Mondiale della Fia. Diceva il presidentissimo:
Non voglio mettere il veto su qualcosa che non è essenziale per la Formula 1. Lo metterei se mi chiedono di fare un motore a quattro cilindri. Lo metterei se decidono che i piloti devono guidare con una mano sola perché così si stancano e la cosa diventa interessante per la corsa.
Perciò alla fine, la Ferrari non ha preso posizione: “Facciamo un anno di prova e vediamo”. Anche perché oggi le priorità di Maranello, come quelle dei big in seno al Gruppo Strategia, non sono prettamente sportive. Finanziarie, piuttosto.
Ferrari e Red Bull si battono perché non passi il budget-cap che Jean Todt ha cominciato a discutere a dicembre. E su questo punto le ragioni di Montezemolo sono condivisibili: “Potrei andare a Detroit dalla Chrysler e chiedere di fare qualcosa per noi. La Mercedes potrebbe farlo con altre compagnie. Dobbiamo trovare una soluzione credibile, ma ridurre i costi è il problema principale”. Più pressante anche di ogni punteggio perverso.