Ferrari, Fry tira le somme: il rovescio del 2013 e la grande sfida del 2014
sabato 7 dicembre 2013 · Dal paddock
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L’ultima pagina dell’anno è sempre quella dei bilanci. Auto Motor und Sport ha raggiunto Pat Fry a Maranello per tirare le somme alla fine di una stagione che era cominciata benino e poi è finita malaccio: “In inverno abbiamo sostenuto una fase di sviluppo ragionevole che all’inizio ha funzionato molto bene, anche meglio del previsto”. Infatti anche lui ammette: “Non era prevedibile che non ci saremmo giocati il titolo”.
A leggere solo i numeri viene fuori che le sorti del campionato si sono rovesciate da Spa in poi: nove successi su nove per Vettel, solo quattro podi per Alonso. Ma la crisi della Ferrari è cominciata prima dell’estate: “Con il nuovo pacchetto per il Gran Premio del Canada”. Lì diversi elementi non hanno funzionato: “E non capivamo perché”. Ma la Scuderia ha cominciato a rifletterci solo a Silverstone, quando nelle curve veloci che erano mancate a Monaco e Montréal è venuto fuori che la F138 aveva troppo carico al retrotreno e non riusciva a bilanciarlo davanti.
Spiega Fry: “Rispetto alla Red Bull, il nostro concetto funziona meglio con altezze basse al retrotreno”. Perciò la Ferrari non se l’è mai presa più di tanto con Pirelli che di punto in bianco dopo l’emergenza di Silverstone ha fatto in modo che la Fia autorizzasse la modifica delle mescole per ragioni di sicurezza: “Nella seconda metà della stagione sono state portate principalmente le gomme dure. Che ci penalizzano ancora di più perché tradizionalmente facciamo fatica a scaldare i pneumatici”. Resta il fatto che le vecchie costruzioni, quelle che Pirelli ha dovuto riproporre, “sono più durevoli, per cui questo ha aiutato le squadre che prima erano in difficoltà in termini di gestione del consumo”. La Sauber, per esempio. Ma anche la Red Bull.
Adesso però le mescole cambiano ancora, in concomitanza con la riqualificazione dell’aerodinamica che la Fia voleva già nel 2013 e che poi si è spostata di un anno per andare a braccetto con l’avvento dei V6 sovralimentati. La Ferrari nella battaglia tecnica ha tirato dalla sua parte James Allison: “Ma è coinvolto anche Rory Byrne”, che continua a non figurare nell’organico e comunque già aveva lavorato sulla rossa del 2012. In più c’è sempre Nicholas Tombazis, mentre ufficialmente il progetto della macchina del 2014 è coordinato da Simone Montecchi. Tante teste, quindi: “Ce ne vogliono un bel po’, la Formula 1 è complicata. Ci vogliono degli specialisti, ma è necessario anche che siano persone nuove a guidarli”.
Sfida numero uno, il raffreddamento: “Ci saranno differenze epocali. Se hai un problema dietro l’angolo puoi anche andare in riserva di risorse. Fare un nuovo radiatore significa cambiare i pannelli, interferire con l’efficienza dei motori, eccetera. Si perdono rapidamente un paio di mesi. Ci sono infinite possibilità di commettere errori l’anno prossimo. La tecnologia dei motori è così complicata che sono pochissime cinque unità all’anno per ogni pilota”.
Insomma si torna a parlare di affidabilità. Ma chi pensa che l’aerodinamica non conti più si sbaglia: “Sarà importante come negli ultimi quindici anni”. Il rischio è che le macchine nuove diventino bruttissime, con i nasi sottilissimi per non interferire con il diffusore. Può darsi sia inguardabile pure la Ferrari: “Ma se vincerà non sarà un problema”.