Promosso Ricciardo coi fianchi larghi. Che sognava il calcio e poi scoprì Senna
martedì 3 settembre 2013 · Mercato
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“Avevo 5 anni quando ho cominciato a capire chi fosse Ayrton Senna. Vidi uno speciale che gli avevano dedicato. E non sono più riuscito a dimenticare quelle immagini”. Parte dal 1994 la strada che porta Daniel Ricciardo verso le corse a scapito del calcio: “Non ero abbastanza cattivo – raccontava nel 2010 su formula1.com – perché i miei amici si tiravano dei calcioni e io invece preferisco stare tranquillo nell’abitacolo della macchina. Mia mamma mi ha viziato”.
Nasce a Perth nel 1989, poi a 17 anni si stabilisce in Europa per vivere le corse. Una settimana fa ha preso casa a Monte-Carlo, che per i piloti è un’isola felice grazie alle agevolazioni fiscali: “Già, però il clima mi ha convinto più delle tasse”.
Australiano come Webber che gli passa il testimone e a fine anno parte per Le Mans. Proprio Webber in Belgio sulla griglia di partenza ai microfoni della televisione australiana anticipava che i giochi per la successione erano chiusi: “La decisione è presa, lo sappiamo tutti chi sarà. Io sono contento, per lui e per l’Australia”. Horner aveva risposto: “Certi commenti vengono tolti dal contesto e Mark non è al corrente di tutti i colloqui con i piloti“. Perché Red Bull non ha mai fatto mistero che ci fossero di mezzo le trattative con Kimi Raikkonen.
Ma pure Ricciardo dopo Spa già parlava con la certezza di chi il contratto ce l’ha in tasca: “Se mi danno l’opportunità di correre con Vettel dimostrerò che ho le carte in regola. E se poi mi va male potrò dire che perlomeno ci ho provato”.
Agonisticamente piace a Sebastian Vettel “perché è stato nel gruppo per molto tempo”. Piace meno ad Adrian Newey per una questione di ingombri fisici che fa sorridere, perché Ricciardo ha i fianchi troppo larghi mentre invece Newey nei progetti è abituato alle economie sugli spazi e tende a ridimensionare gli abitacoli. “Se anche facessi una dieta – si giustifica Ricciardo – le ossa dei fianchi non cambierebbero. Ma era successo già con la Toro Rosso. Ci mettemmo un po’ per fare il sedile”.