Sudafrica 1982: quando con Lauda gli scioperi si facevano sul serio
venerdì 12 luglio 2013 · Amarcord
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La levata di scudi dei piloti al Nürburgring si è ridimensionata. Ma già partiva in modo vago. Bello e pungente il tweet di Pablo Elizalde, il corrispondente di Autosport: “Mi diverte quando i piloti di Formula 1 pensano di avere voce in capitolo su quello che accade nello sport”. Oggi magari non hanno unità d’intento e peso politico, ma una volta la protesta è andata a segno. In modo pure clamoroso. E sono passati trent’anni.
Sudafrica, Kyalami, gennaio 1982. Il dissenso parte dalla contestazione del regolamento sulle superlicenze che sono subordinate alla sottoscrizione di un contratto con la FISA in cui i piloti si impegnano a correre soltanto per una squadra senza ledere l’immagine del campionato. A muovere le fila della protesta è Niki Lauda: “Questa si chiama limitazione della libertà”. Lo spalleggiano Villeneuve e Pironi.
Bloccano l’ingresso del paddock, caricano tutti i piloti su un autobus e li portano al Sunnyside Park Hotel a Johannesburg per una riunione straordinaria. Nelle prove libere nel frattempo girano solo Jochen Mass e Teo Fabi.
All’epoca Bernie Ecclestone gestisce la Brabham ma è pure il presidente della FOCA, l’associazione dei costruttori. Dice: “I piloti non hanno mai avuto coraggio. Non lo avranno nemmeno ora”. Invece lo sciopero comincia sul serio.
I piloti sono asserragliati nel salone dell’albergo: è un’idea di Lauda per impedire ai più giovani di svignarsela rompendo l’alleanza. Pironi porta avanti la trattativa. Gli altri nel frattempo dormono tutti insieme per una notte. Villeneuve a letto con Prost. La chiave della porta sta al centro della sala: chi deve uscire per andare al bagno deve chiudere dall’esterno.
La FISA reagisce: 5000 dollari di multa per chi ha fatto sciopero, più una gara di squalifica con sospensione della pena per sei mesi. Ma alla fine arriva l’accordo per la cancellazione delle clausole contestate. E la gara si corre. La vince Prost.