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Tecnica, soldi e politica: adesso il caso Pirelli si gioca sulla terza dimensione
giovedì 13 giugno 2013 · Politica
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C’è la data. Il 20 giugno all’udienza del Tribunale Internazionale per il caso delle prove proibite con Pirelli, Ross Brawn si gioca il posto oltre che la faccia. Ammette: “La decisione del test l’ho presa io”. E precisa: “Ci difenderemo”. Lui nelle pieghe del regolamento s’è sempre saputo infilare. E adesso diventa una questione tutta politica.
In Formula 1 non vince chi ha le idee migliori. Nemmeno chi ha più soldi. Perché intuizioni e capitale contano zero se manca quella che Adam Parr chiama “la terza dimensione” e cioè la componente politica.
È il paradigma vincente della Formula 1: viene fuori da The Art of War, il libro che Parr ha pubblicato online a dicembre per aggiungere qualche dettaglio anche alla lunga lotta che per mano di Bernie Ecclestone è sfociata nell’estromissione dalla Williams. Nell’intervista concessa a marzo a F1Race.it, Parr ribadiva:
Devi essere bravo a progettare una monoposto valida da un punto di vista tecnico, devi essere economicamente stabile e devi essere politicamente importante e capace di essere ascoltato nel momento in cui si prendono delle decisioni che sono importanti per il futuro della Formula 1. Non è come negli altri sport. Se la UEFA decide di cambiare le regole del calcio, per cui si gioca in 10 invece che in 11, oppure che la porta è più grande, nessuno in realtà ne viene avvantaggiato. Infatti nel calcio le regole non cambiano così spesso. In Formula 1 invece cambiano ogni volta, anche nel modo in cui vengono applicate.
È capitato più di una volta che la Federazione cambiasse le carte in tavola a campionato in corso. È anche capitato che le soluzioni più controverse venissero approvate o respinte in funzione del peso politico anziché dello spirito del regolamento. Per esempio il sistema f-duct della McLaren nel 2010.
C’erano tre possibili situazioni. Qualcuno dice che (il concetto) non è legale e lo proibisce immediatamente con conseguenze catastrofiche per coloro che lo hanno progettato e per lo sviluppo della monoposto; oppure il dispositivo non viene contestato e rimane a disposizione del team; oppure ancora si arriva ad una specie di accordo con la FIA per cui il sistema si può usare fino alla fine del campionato. Ma quest’ultima opzione non ha alcun valore legale, perché un sistema o è legale oppure no. (…) Ecco come funziona. Il processo di decisione che porta a questa situazione è puramente politico.
E politicamente, oggi, la Mercedes è un costruttore di peso che comunque si è mosso in ritardo per discutere il nuovo Patto della Concordia.