Come ti destabilizzo la squadra: la libertà di Helmut Marko diventa un caso
mercoledì 9 gennaio 2013 · Dal paddock
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Il paddock ancora sonnecchia e allora trovano campo libero le polemiche che Helmut Marko sputa all’indirizzo di Mark Webber. L’affondo è sterile, ma nella cassa di risonanza del web è un elemento pericoloso di disturbo nel box della Red Bull.
L’attacco parte dalle colonne di Bild e arriva con la Befana. Il 6 gennaio, Helmut Marko dice:
Mark [Webber] sa quello che ci aspettiamo da lui. Per quattro anni lui e Vettel hanno guidato nella nostra squadra. Sebastian è stato una volta vicecampione e tre volte campione. Direi che le statistiche parlano da sole. Non c’è motivo di ritenere che il bilancio possa cambiare.
Non c’è nessun messaggio in codice. Il senso è già chiarissimo: la Red Bull ha delle gerarchie che Webber non può nemmeno sognarsi di scardinare. E non è storia nuova perché gli screzi partono da lontano. Per esempio sono emersi in modo inequivocabile a Silverstone, nel 2010 per via degli aggiornamenti tecnici, l’anno successivo per gli ordini di squadra a favore di Vettel.
Marko comunque rincara la dose sul Red Bulletin, il magazine ufficiale della Red Bull. E lì con la libertà dialettica che il gruppo di Mateschitz non gli ha mai contestato, smette di parlare da uomo squadra per diventare solo ed esclusivamente il tutor di Vettel:
Sembra che Mark abbia una media di due gare in cui è imbattibile, ma non può mantenere questa forma per tutto l’anno. Appena le sue prospettive diventano buone per il campionato, lui incappa in problemi con la pressione che si viene a creare. Rispetto alla forma crescente di Seb, quella di Mark si appiattisce. E se gli capita qualche problema tecnico, come per esempio con l’alternatore, lui precipita facilmente in una spirale di depressione.
Ne ha pure per Fernando Alonso:
Vettel si isola dal resto del mondo, non legge i giornali, non guarda internet. Fernando invece è sempre impegnato con la politica e con commenti strani. Enzo Ferrari non avrebbe mai digerito una sconfitta così. Ma avrebbe riconosciuto il valore degli avversari e bastonato i suoi in modo da spingerli a battere gli avversari, senza i sistemi che abbiamo visto di recente. Alonso diceva cose tipo: “Il mio avversario non è Vettel, è Hamilton”. Oppure: “Noi corriamo contro Newey”. Una battaglia psicologica.
Alonso affida la sua replica a Twitter: “Mi piace leggere che la Red Bull ci considera i rivali più forti per il prossimo anno. E non abbiamo ancora girato! Lusingato”. L’anno nuovo comincia nel segno della polemica.