Michael Schumacher, l’altro uomo: il bilancio dell’atto secondo
giovedì 29 novembre 2012 · Amarcord
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Due carriere distinte: la prima scintillante dal 1991 al 2006; la seconda al limite della mediocrità dal 2010 al 2012. Nella prima record a bizzeffe, di pole, di vittorie, di punti e di Titoli. Nella seconda una sola pole – che gli viene anche tolta, per giunta – e un solo piazzamento a podio.
Sembra il bilancio di un altro uomo. E invece è sempre quello di Michael Schumacher che nel secondo atto della militanza in Formula 1 è meno incisivo, meno produttivo, anche sottomesso da una macchina che non va al top: “Però ha contribuito tanto alla crescita di questa squadra. La sua energia e il suo impegno – annota Ross Brawn – non vacillavano mai”.
Già, Brawn che lo convince a rimettersi in gioco nel 2010 con la Mercedes. Schumi prima di andare in macchina si toglie la ruggine a Jerez de la Frontera sulla Supernova mentre il paddock si fa tante domande: sul fisico, sul voltafaccia alla Ferrari e sul valore commerciale di tutta l’operazione.
Dal punto di vista tecnico, Michael nei test privati sta coi migliori. Nel senso che perlomeno non sfigura. Poi nel primo campionato della nuova epoca invece raccoglie pochino e tutta la stagione si condensa nel fotogramma di quella che Barrichello chiama “una manovra orribile”, di difesa estrema e meschina, sul rettilineo di Budapest.
L’anno dopo il kaiser cambia marcia. Chiude al comando i test prima del via, ma è un altro fuoco di paglia. Viene fuori la storia del simulatore che gli manda sottosopra lo stomaco e gli impedisce di svilupparsi l’assetto. Più avanti il Corriere dello Sport s’inventa un’intervista in cui Schumi lascia intendere di volersi già fermare. Invece continua. E guida sopra le righe nel duello con Hamilton a Monza. Impunito.
Nel 2012 la Mercedes vince un po’ a sorpresa a Shanghai, ma sul gradino più alto ci sale Rosberg. Tempo poche settimane e Michael comincia a prendersela con le gomme. Nel frattempo sfonda il tetto delle 300 presenze: davanti a lui sopravvive solo Barrichello. Ma i risultati che contano gli sfuggono.
E arrivano gli incidenti: prima con Senna a Barcellona, poi con Vergne a Singapore. Cinque giorni dopo scatta l’annuncio: la Mercedes per il 2013 prende Hamilton. E a quel punto Michelone resta fuori dai giochi. Rottamato e senza nuova gloria. Alla vigilia di Suzuka dice: “Mi ritiro, ma sono ancora in grado di lottare con i migliori”. Può dire che ci ha messo il cuore. A Interlagos l’aveva scritto pure sul casco, rivolto ai fan: “La vita è fatta di passioni. Grazie per aver condiviso la mia“.
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