Da Cuba al Bahrain: se la Formula 1 diventa propaganda politica
sabato 28 aprile 2012 · Amarcord
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Tra L’Havana e Manama ci sono 12 mila chilometri, tra il 1958 e il 2012 c’è mezzo secolo di storia, però sussiste un parallelo pericoloso che passa per la Formula 1 e che intreccia il circo massimo dei motori con la propaganda politica.
In Bahrain la maggioranza è sciita, è povera e pure oppressa. La minoranza è sunnita, ha il controllo del petrolio e quindi tiene in mano il Paese. Ma nel 2011 a Manama è arrivato il vento della primavera araba: non è una guerra di religione, la gente chiede riforme e democrazia, l’esercito in risposta reprime le manifestazioni e difende il regime della famiglia Al Khalifa. La stessa che nel 2004 ha voluto la Formula 1 e che ha fatto pressione perché si tornasse a Sakhir dopo la sosta del 2011.
Al mondo deve arrivare l’immagine del Bahrain che funziona e mette la crisi alle spalle. I fatti invece raccontano di guerriglie, di cariche della polizia, di gas lacrimogeni, di morti e feriti nei villaggi intorno alla capitale.
Che c’entra la Isla Grande? C’entra perché nel 1958 Fulgencio Batista pretende la seconda edizione del Gran Premio di Cuba con il proposito di dimostrare che nell’isola regna la calma mentre invece Fidel Castro organizza i rivoluzionari per rovesciare il governo.
Per rispondere alla propaganda di Batista, il Movimento del 26 luglio sfrutta l’apparato pubblicitario che il regime ha messo in piedi intorno alla corsa e alla vigilia della partenza sequestra Juan Manuel Fangio che ha vinto l’anno prima ed è l’iridato in carica.
Batista non si smuove: la gara si disputa lo stesso, sul circuito del Malecón davanti a 150 mila spettatori. Dopo 6 giri i motori sono già spenti: Armando Garcia Cifuentes ha perso il controllo della Ferrari sull’olio ed è piombato sul pubblico. Muoiono sette persone, altre 40 restano ferite.
Fangio viene rilasciato 27 ore dopo il sequestro. Racconta: “Non mi hanno mai bendato gli occhi, ho sempre avuto ogni comodità”. Uno dei guerriglieri gli dice: “Quando trionferà la Rivoluzione, lei sarà il nostro invitato d’onore”.