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Shanghai, dove saltano i pronostici. I ribaltoni sportivi della terra di Mao

venerdì 13 aprile 2012 · Amarcord
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È la pista che spesso e volentieri fa saltare i pronostici. Schumacher vince nel 2006 quando nessuno se l’aspetta, Hamilton fa una frittata da antologia l’anno dopo nella pit-lane quando invece il favorito è lui, la Red Bull nel 2009 mette a segno la prima doppietta della storia e rompe l’egemonia della Brawn.

Faraonico, colossale, estremo: l’impianto di Shanghai è l’espressione dello sviluppo tecnologico e industriale della nuova Cina, una piattaforma globale di comunicazione. L’ha progettato Hermann Tilke e l’hanno voluto tre compagnie, tutte di provenienza governativa. La Formula 1 lo scopre nel 2004, la vernice è ancora fresca, nei box nessuno ha tolto il cellophane dagli armadietti.

Shanghai fa storia subito alla prima edizione per una serie di circostanze concomitanti. Torna a correre Ralf Schumacher dopo la convalescenza per l’incidente di Indianapolis; la Renault per sostituire Jarno Trulli va a ripescare Jacques Villeneuve che sta in letargo quasi da un anno; la Jaguar per effetto della crisi della Ford chiude lo storico stabilimento di Coventry, licenzia 1000 dipendenti e annuncia la cessione del team che nel 2005 diventa Red Bull.

L’attenzione comunque la calamita tutta la Ferrari perché è rossa come la bandiera nazionale, vanta un numero impressionante di sostenitori anche nella terra di Mao.

Michael Schumacher arriva con un dragone rosso sulla calotta del casco: l’idolo è lui, firma più autografi che in Germania. Però casca nella trappola della prima curva nel giro secco di qualifica e parte in fondo al gruppo, chiude dodicesimo in gara, doppiato dopo incidente, foratura e testacoda. Venerdì nelle libere si era pure fermato in pit-lane per un problema alla centralina elettronica.

L’onore della Scuderia all’assalto del nuovo mercato lo salva Rubens Barrichello che sul podio fa la doccia con lo champagne a Luca di Montezemolo. È un evento anche questo.

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