Fernando Alonso sbarca su Twitter, contro la legge della Ferrari

giovedì 29 marzo 2012 · Media
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A giugno l’anno scorso si parlava di paddock e social network. E se ne parlava in una sede di tutto rispetto: il meeting dell’associazione delle squadre con gli appassionati a Montréal prima del Gran Premio del Canada.

Da un lato la McLaren che riconosceva – e riconosce tuttora – piena autonomia ai piloti su Twitter, dall’altra la Ferrari con l’atavica idiosincrasia per le pubbliche relazioni.

Per il Cavallino c’era Luca Colajanni. Disse: “Non vogliamo che i nostri piloti usino Twitter perché non vogliamo che scrivano cose che possono essere male interpretate“. Perché la Ferrari basa la comunicazione su un sistema di press-release in cui le dichiarazioni vengono preconfezionate e poi replicate scolasticamente da quella fetta della rete che si ferma al copia-incolla.

Alonso del divieto se n’è fregato. Con la tecnologia non è mai andato a braccetto e invece prima del via del campionato si è fatto un account e adesso puntualmente twitta anche lui, “cercando di far capire – scrive – quelle che sono realmente le sensazioni”. In barba alla legge di Maranello. In barba anche al silenzio stampa che la rossa s’era goffamente imposta dopo i test prima di verificare la forma a Melbourne.

Da lì Fernando su Twitter, un’ora dopo la bandiera a scacchi, caricava la fotografia di un bicchiere d’acqua col logo del Cavallino Rampante e scriveva: “Oggi il bicchiere è mezzo pieno”. Tre giorni dopo, da Sepang, il ricordo commosso a Marco Simoncelli: “Correre qui non sarà più la stessa cosa”. Oggi Nando fa un bilancio delle sue prime settimane su Twitter: “Devo dire che è un’esperienza molto piacevole. Era una cosa che volevo fare da un po’ e mi ci sono dedicato con impegno, in prima persona“.

Non è ai livelli di Brad Keselowski che a febbraio in tempo reale mentre correva a Daytona metteva su Twitter le immagini dell’incidente di Juan Pablo Montoya, però Alonso oggi è la faccia della Formula 1 che si avvicina al pubblico. Anche contro la legge della clausura di Maranello.

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