L’Inghilterra contro la FIA: “Non andate in Bahrain”. Ecclestone: avanti tutta
venerdì 17 febbraio 2012 · Politica
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Pari pari, come un anno fa, il Bahrain è un’altra volta un caso politico che si abbatte sulla Formula 1 dopo che otto membri del parlamento inglese hanno fatto pubblicare sul Times una lettera aperta rivolta alla FIA per “riconsiderare la decisone di correre il Gran Premio” alla luce della crisi politica che è ancora “fonte di instabilità nella regione”.
Nel 2011 la tappa di Manama è saltata dopo un tira e molla lunghissimo. Per il 2012 Sakhir è un’altra volta in calendario quando invece le cronache continuano a registrare episodi di violenza da parte dell’esercito.
Da Londra dicono: “Gli osservatori internazionali, così come i cittadini del Bahrain, hanno poca fiducia nel fatto che il Paese sia sulla strada della riforma e della stabilità politica“.
La FIA non risponde, Ecclestone professa fiducia: “Noi non abbiamo mai agito in senso politico. Ogni decisione sarà presa in base alla sicurezza“. E sotto quest’aspetto precisa: “La gente pensa che tra due mesi sarà tutto a posto”. Oltre al fatto che sempre in Inghilterra un’altra sponda politica avverte: “Quelli che vogliono che il Bahrain continui sulla strada delle riforme genuine, non aiutano la causa se cancellano il Gran Premio“.
La verità è che l’isola resta un avamposto delicato in Oriente, per cui ogni mossa incide a livello internazionale. Anche negargli il Gran Premio. Nemmeno Cina e India brillano per il rispetto dei diritti umani, ma lì la corsa non l’ha mai messa in dubbio nessuno e la Formula 1 non si è mischiata con la politica.
Lo faceva notare Max Mosley l’anno scorso, in contrasto con la linea attendista di Jean Todt: “Qual è la differenza se poi si va comunque a correre in Paesi oppressi e tenuti in povertà? Io dico che bisogna fermarsi quando un evento sportivo non è intrattenimento puro in un Paese non perfetto, ma viene usato dal regime per camuffare le azioni“. Come sta programmando la casa reale.