La vanità del parco chiuso: le regole vecchie che tarpano la Formula 1
mercoledì 14 dicembre 2011 · Regolamenti
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C’è stato un tempo in cui i meccanici dopo le prove ufficiali abbassavano le serrande, impugnavano pinze, chiavi e cacciaviti, rivoltavano le macchine come fossero guanti. A Monza nel 2002 c’erano 3 secondi di scarto fra il miglior tempo in qualifica e il miglior giro in gara.
Perché si rincorreva la pole in configurazioni aerodinamiche e meccaniche esasperate, coi motori e le trasmissioni da qualifica: le squadre li pensavano esclusivamente per il sabato e li buttavano nel cesso la domenica.
Costavano una cifra e duravano una manciata di chilometri. Un’escalation di spese che Max Mosley ha frenato nel 2003 quando la Federazione si è inventata il regime di parc fermé, il parco chiuso che proibisce tutte le modifiche sulle auto fra qualifiche e gara.
Un senso c’era allora, adesso no. Perché i tempi cambiano e le regole pure: la Formula 1 oggi è la categoria sportiva del coprifuoco notturno, dei motori contati e congelati, delle scatole del cambio che non si toccano per 5 corse consecutive, delle centraline elettroniche standard e dei muletti proibiti. Insomma spazio per pezzi usa e getta comunque non ce n’è.
Invece il regolamento stringe le squadre dentro una morsa che il Consiglio Mondiale non ha voluto allentare nemmeno nell’ultima seduta, quando ha riformulato certi aspetti tecnici.
Prima del via si può aggiustare l’inclinazione delle ali e poco altro. E solo in caso di pioggia. Per cui la FIA continua a vietare tutta una serie di operazioni elementari e indolori per il portafoglio. Quelle che potrebbero servire a chi aspetta la gara per recuperare e che invece si ritrova con le ali tarpate e non può correggersi l’assetto.