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Ferrari pigliatutto: è quella che guadagna di più. Anche quando perde
giovedì 10 novembre 2011 · Politica
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S’è arrabbiato. Un’altra volta. Non è passata la proposta sulla compravendita dei telai e Montezemolo domenica pomeriggio al Mugello è tornato all’attacco: “La Formula 1 rimane la nostra vita, ma senza Ferrari non c’è la Formula 1. Così come senza Formula 1 la Ferrari sarebbe diversa“.
Secondo il sito del Cavallino non è un ultimatum. Però tutto il mondo ci ha letto il rinnovo di una minaccia, alla vigilia di una stagione delicata in cui le teste coronate della Formula 1 devono mettersi al tavolo per riscrivere il Patto della Concordia.
Anche nel 2009 la rossa voleva andarsene. E anche nel 2009 c’era sul piatto la spartizione del malloppo. I dettagli sono top-secret, ma la base del criterio di distribuzione dei proventi si intravede.
Ogni anno tutto l’utile prima di interessi passivi, imposte e ammortamenti su beni materiali e immateriali, viene ripartito in due: metà resta ad Ecclestone, metà va alle squadre.
Da questa metà viene detratta tout court una percentuale stimata intorno al 2.5 percento che va direttamente alla Ferrari in virtù dei trascorsi storici. Per devozione, per effetto di un accordo che Maranello ha siglato nel 2005 quando ha voltato la faccia agli altri team e ha rotto il fronte per trattare privatamente con Ecclestone.
Il resto viene ulteriormente suddiviso in due fette uguali: la prima è assegnata in relazione all’albo d’oro secondo una gerarchia a tre categorie. E la Ferrari fa un’altra volta da padrona. La seconda fetta si ripartisce in proporzione ai piazzamenti dell’ultimo Mondiale.
Perciò chi vince – o ha vinto in passato – continua a prendere sistematicamente il piatto grosso. Anche quando perde. Mentre ai piccoli restano gli spiccioli. Ha ragione Montezemolo: “Senza Formula 1 la Ferrari sarebbe diversa”. Più povera.